L’ironia è una virtù meravigliosa. Lo dimostra l’incontro del Papa con un centinaio di comici arrivati da tutto il mondo. Del resto il buonumore aiuta a prendere ciò che accade con lo spirito giusto
Ifrati di Francesco giullare di Dio del grande Rossellini capiscono la loro missione vorticando fino a farsi girare la testa e a cadere per terra tramortiti ridendo di sé come i buontemponi. Non come i saggi sufi, insomma. La direzione della loro caduta avrebbe indicato loro dove andare a predicare. Martin Scorsese, uno dei registi che meglio ha saputo ritrarre la violenza e le ambivalenze del male, ha questo tra i suoi film preferiti. Solamente chi ha consapevolezza del male può avere la lucidità del clown o del giullare. Kierkegaard ce lo ha insegnato, del resto. E Francesco lo ha ribadito in una udienza riservata a oltre un centinaio di protagonisti del mondo dello humor: attori, artisti, vignettisti e scrittori. C’erano Whoopi Goldberg e Stephen Colbert. Tra gli italiani la Littizzetto e Bergonzoni, Geppi Cucciari, Cristian De Sica, Elio e Gene Gnocchi, e tanti altri da vari Paesi del mondo.
Le guardie svizzere si dispongono per il passaggio del presidente di Cabo Verde nella Sala Clementina, dove i comici sono già seduti in attesa del papa. Scattano sull’attenti e rimangono immobili nei loro costumi. Dopo un attimo di sospensione molti — che non capiscono il protocollo — scoppiano a ridere nel mezzo di questo evento di austera solennità del tutto frainteso come fosse uno show. È il totale sovvertimento dei ruoli: i comici diventano pubblico spettatore e le guardie attori comici, loro malgrado. La solennità è ribaltata come un calzino, e siamo in piena commedia degli equivoci. Non poteva esserci inizio migliore per un incontro così.
C’è qualcosa nell’agire di Francesco, nel suo linguaggio, che lo avvicina ai giullari. Nel 2022 il figlio di Charlie Chaplin, Eugene, gli ha consegnato la statuetta simbolo del Premio Charlot. E Francesco è sensibile alle figure comiche, a tal punto da aver indossato, nella predica di Pasqua del 2017, i panni del “Matto”, il funambolo che si fa beffe di Zampanò ne La strada di Fellini. E ne ha elogiato la «sana pazzia». Altro equivoco: il predicatore si fa funambolo.
Il papa ride, non solamente «sorride ». Le sue foto sono meme. E la sua risata fa pendant con le espressioni serie e comprese («faccia d’aceto», lui dice) che altre volte assume. Tutto è, insomma, tranne che una figura impassibilmente ieratica. È attore tragico e giullare. E Francesco ammette: è più facile fare il primo che il secondo. Sappiamo che ogni giorno da quarant’anni recita una preghiera di san Thomas Moore che comincia così: «Dammi, Signore, il senso dell’umorismo». Il santo, che finirà decapitato, martire di Enrico VIII per la sua fede, prosegue (e con lui il papa) chiedendo pure la grazia di una buona digestione. «Buon pranzo e arrivederci» è il saluto ormai tradizionale che conclude l’Angelus. In sala ha affidato la lettura della preghiera a Litizzetto: il comico si fa orante. È una forma di equivoco pure questa. La fede è una forma di umorismo, del resto.
L’ironia è una «virtù meravigliosa » perché fa vedere il provvisoriodella vita e aiuta a prendere ciò che accade con lo spirito giusto. Quindi ci costringe in qualche modo a una trascendenza, cioè a trascendere la situazione così come noi la conosciamo. Lo sguardo umoristico fa comprendere aspetti inediti, svelandoci la vita come poliedro e non sfera tonda. Ci cambia l’orizzonte con uno spaesamento improvviso, insolito, inatteso. Questa dimensione di sorpresa ci impedisce di rimanere attaccati, incollati alla realtà in modo razionale e disincantato. L’umorismo impedisce di ridurre il reale all’idea che ce ne siamo fatti. Corrode l’illuminismo, ma anche la società del benessere, e forse pure la modernità. Per questo, anche in amore, vince chi fa ridere.
In alcune epoche la risata è stata accostata direttamente alla predicazione pasquale: ilrisus paschalis , anche se al tempo delle nostre passioni tristi ci sembra uno scherzo. La stessa Bibbia, conferma Francesco, «è ricca di momenti di ironia, in cui si prendono in giro la presunzione di autosufficienza, la prevaricazione, l’ingiustizia, la disumanità quando si rivestono di potere e a volte pure di sacralità». E Dio stesso è sorpreso a ridere.
L’umorismo è una lente da vista, come quelle di Dippold immortalate nell’ Antologia di Spoon River : ci fa comprendere le cose in maniera diversa e fa leva sulle incongruenze, che ci sono e che non avevamo visto. Noi ridiamo proprio perché percepiamo un contrasto, l’energia che si crea avvicinando i poli contrari. La risata ha una dimensione elettrica, anche nel suo effetto sui muscoli.
Ecco per Francesco qual è il «miracolo» dei comici: «Riuscite a far sorridere anche trattando problemi, fatti piccoli e grandi della storia. Denunciate gli eccessi di potere; date voce a situazioni dimenticate; evidenziate abusi; segnalate comportamenti inadeguati…». Attraverso il talento della risata oggi vengono offerte riflessioni uniche sulla condizione umana e la situazione storica. E ci sono fornite in modo accessibile e popolare, spesso anche con stile corrosivo e appuntito.
In un momento nel quale l’ordine mondiale è sconvolto, a volte solo un motto di spirito riesce a capovolgere il discorso e a far pensare. Non a caso proprio l’umorismo e la comicità sono cose bandite e fuori legge nelle dittature perché avvertite come minaccia: portano — con spirito di libertà e senso critico — perfino a «sognare nuove versioni del mondo».L’umorismo svela l’ambizione e riduce all’umiltà. Quante volte abbiamo visto il corteo papale di macchine grandi e lussuose seguite dall’utilitaria di Francesco? È buffo proprioperché così si sovverte la percezione ordinaria del potere e dell’importanza, e una Fiat Idea bianca può credersi una Mercedes S 680 nero lucido. Si tratta di una versione della celebre fiaba di Andersen, anche se qui nessuno grida — in pubblico, almeno — «il papa è nudo!». Nudo, però, come si fece il santo d’Assisi, figlio di un mercante di stoffe pregiate.
Lo scherzo ha qualcosa in comune con i sogni. Ed è la dimensione onirica che ci riconcilia con la realtà grazie al suo potere di solvente emotivo, di agente gastroprotettivo. È un’esperienza che ci porta a scollarci da noi stessi, dalle nostre idee stereotipate, dalle nostre convinzioni. Questo non è affatto puro «intrattenimento», ma un contributo alla costruzione di una cultura più serena e svelenita, della quale abbiamo disperato bisogno.
In un momento così complicato a volte solo una battuta riesce a far pensare.