Se cercavano un modo per perdere la faccia in Europa, ma per perderla tutti insieme, senza esclusione di nessuno, i partiti italiani, di maggioranza e di opposizione, l’hanno trovato ieri all’Europarlamento nel voto sul nuovo patto di stabilità in cui si sono astenuti o hanno votato contro. Con il risultato che il patto è stato approvato lo stesso dai rappresentanti degli altri Paesi membri, ma in Italia la campagna elettorale si svolgerà come se questo non fosse avvenuto. E ciascuno, a prescindere dalla propria collocazione, potrà fare la sua parte di propaganda euroscettica, nella speranza (molto appannata) di rinegoziare gli accordi dopo il 9 giugno, a urne chiuse e con nuovi equilibri politici.
La conseguenza immediata di queste scelte di piccolo cabotaggio è stata la sfiducia simmetrica espressa contro il commissario agli Affari Economici Gentiloni, autore del progetto – molto emendato – delle nuove regole, che ha accolto con rassegnazione il “tradimento” anche del suo partito, il Pd, preoccupato di non farsi sopravanzare dal Movimento 5 stelle, che in aula si è espresso contro il patto. E contro il ministro dell’Economia Giorgetti, anche lui negoziatore a Bruxelles, smentito dalla Lega.
Ora, che ci sarebbe stato un ripensamento legato al possibile cambio ai vertici delle istituzioni europee s’era capito fin dal momento del compromesso sul nuovo patto maturato a gennaio. Anche perché, seppure con tutti gli ammortizzatori previsti, in autunno i Paesi membri più indebitati, come appunto l’Italia, avrebbero dovuto presentare un credibile piano di rientro dal debito, limitando al massimo le nuove spese. Un meccanismo che avrebbe potuto stringere il governo al momento del disegno della nuova legge di stabilità, la quale solo per confermare alcune delle decisioni già prese quest’anno, come ad esempio la riforma fiscale, necessiterebbe di ulteriore indebitamento. L’astensione e i voti contrari di ieri non basteranno a fermare del tutto gli effetti del nuovo patto, che è passato egualmente malgrado il comportamento degli eurodeputati italiani. Ma rappresentano l’antipasto del conflitto che si aprirà tra Italia e Europa quando da Bruxelles, dopo il rinnovo delle istituzioni, verranno a chiederci di cominciare a ridimensionare il debito.