Carlo Calenda ha fatto con cinquanta giorni di anticipo ciò che avverrà all’indomani delle elezioni. Le coalizioni si smembreranno perché il meccanismo della legge elettorale, già una porcata in sé, è stato aggravato dalla riduzione dei seggi parlamentari. Si è determinato un paradosso: le coalizioni vengono formate fra simili e contrari perché il tema è vincere nei collegi uninominali. Una coalizione eterogenea, anche vincente, è destinata a scomporsi. Vale a sinistra ma anche a destra, dove gli alleati sono in dissenso sulla politica estera, economica e istituzionale.
Qui si sconta un grave errore del Pd: avrebbe dovuto imporre di modificare la legge elettorale prima di concedere il sì al taglio dei parlamentari. Se il prossimo parlamento sarà ingovernabile, la situazione non si risolverà con un nuovo voto. La dinamica che ha determinato l’attuale crisi istituzionale è che i blocchi dei cittadini sono due, quello dei votanti e quello dei non votanti. I partiti si occupano del blocco dei votanti che ogni giorno si riduce.
Se il 26 settembre i non votanti supereranno il 50 per cento, saranno l’esercito di riserva della valanga antisistema pronta ad essere utilizzata per il rovesciamento di quello che è ormai il simulacro della democrazia parlamentare. Il blocco dei non votanti ha due elementi dirimenti: primo, la disaffezione verso le istituzioni, insomma questo blocco è oggettivamente collocato sul terreno del superamento della democrazia parlamentare; secondo, la delusione verso i partiti in cui hanno creduto e che hanno trasformato le loro aspirazioni in frustrazioni cocenti.
Questa rottura, fra votanti e non, ha bisogno di una scintilla, ed è la battaglia per la doppia Costituente: prima quella europea e poi la revisione costituzionale nel nostro paese in armonia con quella europea. Senza la Costituente europea non ci sarà unità politica nella Ue.
La revisione costituzionale, che non può precedere la Costituzione europea ma deve seguirla, deve avere una linea: difendere la Costituzione attuale ed impedire riforme che pregiudichino la possibilità di partecipare alla Costituente europea. Hanno ragione i costituzionalisti che dicono che l’art.138 è inapplicabile per la modifica organica della Costituzione. Ma qui c’è il peccato originale delle forze politiche che fin qui hanno sostenuto l’opposto. Questa scelta oggi è diventata la pistola del suicidio.
E allora serve una tregua istituzionale nel paese, e la garanzia di non invocare la procedura ordinaria delal’art. 138. Bisogna rafforzare le istituzioni, a partire dalla Corte costituzionale e dal Consiglio superiore della magistratura. Il 18 e il 19 settembre si rinnova il Csm; il nuovo parlamento, se riuscirà a funzionare, dovrà nominare dieci rappresentanti, compreso il vicepresidente. Nei prossimi anni c’è la nomina di quattro giudici costituzionali: saranno nomi di garanzia, che resisteranno alla degenerazione del sistema democratico?
Il problema della democrazia è stato trascurato nell’illusione che il paese chieda pane, lavoro e cose concrete. E non abbia bisogno di libertà. Quando nel 1945 dissero a Nenni che era bene fare prima la riforma agraria e poi la costruzione istituzionale della Repubblica, rispose: «Prima la Repubblica. Se c’è la Repubblica forse è possibile fare la riforma agraria. Se c’è la riforma agraria, potremmo non avere la libertà». Le forze politiche assumano questo impegno e provino a far scattare la scintilla fra i non votanti, che potranno capire di dover riprendere in mano il destino proprio e quello dei loro figli.