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di Federico Fubini
Anche ad accordo concluso con Donald Trump, ammesso che questi non lo rimetta in discussione, restano rischi di ulteriori perdite per l’Ue a causa delle mosse del presidente Usa. Non più tanto sul fronte commerciale, per ora, ma su quello finanziario. L’attacco che Trump ha ormai lanciato all’indipendenza della Federal Reserve può costare centinaia di miliardi al valore effettivo degli investimenti di portafoglio in Europa e anche in Italia. Basta guardare al domicilio dei creditori esteri del Tesoro americano, nelle comunicazioni ufficiali, per capire perché: gli operatori dell’area euro — banche centrali, istituzioni finanziarie private, singoli risparmiatori da soli o tramite i fondi — sono diventati i principali detentori non americani di titoli pubblici degli Stati Uniti. E non di poco. Solo in Belgio e Lussemburgo si trovano crediti verso gli Stati Uniti per 827 miliardi di dollari, superiori a quelli che detiene la Cina. Se si aggiungono Francia (375 miliardi), Irlanda (327) e Germania (102), gli investimenti dall’area euro in debito americano sono una volta e mezzo quelli del Giappone e oltre il doppio di quelli di Pechino. Ed è una stima per difetto: molti risparmiatori dell’area euro investono attraverso la Svizzera (303 miliardi) o la Gran Bretagna (756). In sostanza l’area euro potrebbe essere esposta sul debito dell’amministrazione Trump per duemila miliardi di dollari. È per questo che l’assalto della Casa Bianca alla Fed rischia di costare caro all’Europa. Una banca centrale americana non più indipendente sarebbe molto meno attenta all’inflazione e taglierebbe i tassi per compiacere Trump. Il presidente sta già attaccando il capo della Fed, Jay Powell, con uno stile da autocrate di un Paese in via di sviluppo. Presto nominerà un sostituto di Powell ai propri ordini. Diventa dunque plausibile una nuova caduta del dollaro sull’euro, destinata a falcidiare il valore degli investimenti europei in debito (e azioni) degli Stati Uniti.