di CONCITA DE GREGORIO
Il corpo è sempre al centro di ogni cosa e ogni cosa contiene. Siamo un corpo che gioisce di un incontro o che si ammala e patisce mentre intanto, lo stesso corpo gioioso o sofferente, partecipa dei fatti del mondo vedendo leggendo ascoltando, va a votare o espone un drappo bianco, ascolta un figlio in ansia, rassicura un genitore, si lava si veste pensa, esce, anzi no oggi non riesce non vuole non può uscire ma scrive una lettera, allora, un messaggio a qualcuno che sembrava perduto. Ripara qualcosa, un oggetto un pensiero una relazione.
Ciascuno di noi contiene moltitudini: di vite e di persone possibili, quella che siamo e tutte quelle che avremmo potuto e potremmo. Sono tutte lì, insieme, nell’unico corpo che abbiamo: basta convocarle per trovarle, ascoltarle, dar loro il benvenuto.
Non è vero che il male maggiore oscuri il male minore, pensavo ieri leggendo su questo giornale la bellissima intervista che il senatore Franco Mirabelli ha dato a Matteo Pucciarelli.
Sessantacinque anni, malato di Sla, immobilizzato su un letto di degenza, parla attraverso un computer, scrive con un lettore ottico. Fa politica. Presenta interrogazioni parlamentari, si occupa di chi ha bisogno: più bisogno di lui, o semplicemente un bisogno diverso.
Non è vero che la morte di cinquantamila persone a Gaza, i bambini sterminati nelle loro case a decine ogni giorno renda meno grave, meno urgente, meno rilevante occuparsi della possibile morte di uno solo, nella sua casa di Milano che certo non sarà nei prossimi giorni bombardata, e del diritto che ciascuno ha di decidere per sé, il suo destino. Non è vero che il mondo in fiamme renda meno rovente il rogo che si accende nella propria vita. Si possono affrontare tutte e due le cose insieme, e anche tre e anche quattro e anche dieci, dice senza dirlo Franco Mirabelli. Che non è finita fino a che non è finita, ricorda, e che sarà lui a decidere se affidarsi alle macchine o non farlo, quando sarà il momento, e dunque a decidere, insieme alla sua famiglia, che ostacolo affrontare e come e quando. Anche se una legge non c’è, anche se quel diritto non esiste, eppure nelle cose esiste perché ci sono persone che lo fanno ogni giorno: decidono se vivere o morire, anche se la legge non c’è. Ci sono bambini che esistono anche se la gravidanza per altri è — pensa te — reato universale, li vedi crescere imparare a camminare poi giocare ai giardinetti coi loro genitori felici, li vedi nelle foto della prima comunione. Esistono donne che scelgono di avere un figlio da sole anche se la Corte costituzionale ha detto sarebbe meglio di no, vanno altrove e tornano. Ne esistono che continuano ad abortire, se è l’unica scelta per loro possibile, anche nel sabotaggio politico di una legge che è costata tanta militanza, tanta battaglia, tanta passione per la libertà, tanti anni fa. Esistono figli biologici che cercano le madri anche se la “dimenticanza dei cent’anni” dice che non si può fare, che se hai partorito in anonimato non puoi più essere cercata ed esistono madri che hanno partorito in anonimato e non sapevano, non avevano capito che sarebbe stato irreversibile e cercano i loro figli, adesso. Sono mezzo milione di persone, ho letto in un libro inchiesta di Melania Petriello, La strada di casa . E poi esistono sei milioni di persone che rinunciano a curarsi, nell’Italia del 2024, dice l’Istat. Hanno in maggioranza fra 50 e 60 anni, scoprono la malattia, non c’è posto nel sistema sanitario pubblico — le liste d’attesa — e costa troppo quello privato.
Dunque, come cent’anni fa, come in tempo di guerra, come in carestia e in povertà estrema: se si ammalano moriranno senza neppure provare a curarsi. Perché non c’è la possibilità materiale.
Perché se hai un cancro e aspetti di operarti o ti sei già operata e devi fare la Tac, la risonanza magnetica, la scintigrafia o una semplice lastra RX devi aspettare sei mesi, e fra sei mesi forse hai le metastasi forse non ci sei più. Oppure devi pagare, ma non puoi. Non sarebbe meglio destinare al diritto alla salute i denari dei ponti sullo Stretto, dei centri di detenzione in Albania per cui Edi Rama si inginocchia grato? Sono solo un paio di esempi: il diritto allo studio e il diritto alla salute sono l’unico investimento — non una spesa, un investimento — che ogni governo dovrebbe mettere al centro, se ha a cuore non se stesso ma il futuro del Paese. Certo, anche i governi passati che non sempre lo hanno fatto ma ora c’è questo: pretendiamo da questo. Un cittadino su dieci rinuncia a curarsi, in Italia. Il 9,9 per cento. Erano il 7,6 nel 2023, il 6,3 nel 2019. Non un progresso, diciamo. Al contrario, una catastrofe del sistema di assistenza cura e prevenzione pubblica, del diritto alla salute. Una retrocessione che chi governa, ricorderete, ha provato a negare dicendo abbiamo fatto le liste d’attesa alternative, ora ci sono i poteri sostitutivi pubblico/privato. Non funziona. Non ha funzionato, era chiaro che non avrebbe potutofunzionare: quale struttura privata si accolla la spesa di cure costose che le saranno rimborsate fra qualche anno, ma forse. Non abbiamo abbastanza evidenze dei favori che la politica ha reso alla sanità privata, arricchendo i ricchi e lasciando senza cura i più poveri? Non lo abbiamo misurato nelle nostre vite? Intanto però: gli annunci roboanti sulla maternità per altri reato universale, appunto, ignorando la realtà e l’evidenza del fatto che questi bambini esistono, queste famiglie esistono come esistono le famiglie composte da un solo genitore, da due genitori dello stesso sesso.
Come esistono le persone di origine straniera che mandano avanti la macchina più umile del lavoro e che talvolta sono atleti e vincono medaglie, e allora sì sono un vanto. Come esistono i giovani italiani, una moltitudine, che se ne vanno perché qui non c’è lavoro, non ci sono diritti né tutele. Con la realtà non si discute, la realtà non si nega. Casa per casa, strada per strada, si è provato a migliorarla esortando i cittadini ad andare a votare: non consigliando loro di disinteressarsi al bene comune, questo è un delitto politico. Una responsabilità gravissima. Non perché i diritti maggiori tutto attorno a noi vengono meno — alla vita, alla casa, al lavoro — allora i diritti cosiddetti minori sono un trastullo da ricchi. Curarsi, studiare, decidere se vivere o morire, se avere un figlio e come, se operare sul proprio corpo per vivere un’esistenza piena e risolta, come fare famiglia, con chi sono diritti e libertà di tutti che convivono coi diritti maggiori. Nello stesso corpo, nella stessa persona, nelle stesse ore del giorno, nei giorni. Siamo uno, tutti. In uno siamo tutto e tutto insieme.