Fabrizio Goria
Alla vigilia della settimana in cui la Banca centrale europea (Bce) alzerà i tassi d’interesse di altri 50 punti base, si accende il dissidio dentro il Consiglio direttivo. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, invita ancora una volta alla cautela, suggerendo di attendere i nuovi dati macroeconomici, che potrebbero essere ben migliori del previsto per motivi di stagionalità. A distanza, però, risponde la presidente dell’Eurotower, Christine Lagarde, confermando che sarà «fatto tutto ciò che serve contro l’inflazione». Vale a dire, più strette monetarie anche dopo marzo. Scelta non in discussione secondo il fronte del Nord, capitanato da Germania, Paesi Bassi, Austria, i Baltici e in misura minore dalla Francia, che tuttavia sta incrementando le divergenze fra governatori.
«Non apprezzo le dichiarazioni di miei colleghi circa futuri e prolungati aumenti dei tassi». Parole che sono pesate, come da prassi del governatore, ma che colpiscono nel segno. A fronte di una incertezza geopolitica quanto mai elevata, secondo Visco bisogna monitorare la situazione con estrema attenzione, evitando salti in avanti che potrebbero essere pagati nel lungo periodo. «La “tassa” energetica va assorbita, come abbiamo più volte sottolineato, non generando vane e dannose rincorse tra prezzi e salari ma accrescendo la capacità di sviluppo dell’economia, e con essa la dinamica dei redditi reali», ha sottolineato il governatore. Il quale utilizza un approccio quantitativo. Secondo Visco bisogna farsi «guidare dai dati che via via si renderanno disponibili, in modo da riportare l’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio periodo, senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa».
Per il banchiere centrale italiano, «il perseguimento della stabilità monetaria, responsabilità primaria della banca centrale, è tanto meno oneroso quanto più nella stessa direzione si muovono gli interventi delle politiche di bilancio e gli intendimenti delle parti sociali». Bisogna, ha fatto notare Visco, «evitare che lo choc di offerta, che il drammatico conflitto in Ucraina ha reso ben più persistente di quanto inizialmente previsto, dia luogo nel complesso dell’area dell’euro ad aumenti dei costi del lavoro e dei margini di profitto non coerenti con il ritorno in tempi sufficientemente rapidi all’obiettivo di stabilità dei prezzi».
La linea di Lagarde, e della maggioranza del Board della Bce, resta la solita definita negli ultimi mesi. A fronte di un’inflazione di fondo, al netto di energia e alimentari, che si sta dimostrando più tenace del previsto, secondo la banchiera centrale transalpina occorre «mantenere la barra dritta». Lo ha sottolineato anche ieri, citando il “Whatever it takes” di Mario Draghi. «Come presidente della Bce – ha spiegato – ho un compito di importanza critica che è la stabilità dei prezzi, e questo significa combattere l’inflazione generata dalla crisi energetica alimentata dalla terribile guerra in Ucraina». La priorità quella era, quella è, quella sarà, sottolinea. «So che le prime vittime dell’inflazione sono i meno privilegiati, i più vulnerabili, le donne». Per questo «dobbiamo fare ciò che serve e lo faremo». Il mantra di Lagarde contro le fiammate dei prezzi si conferma tale.
«È normale che ci siano opinioni differenti, ma non sull’obiettivo finale, che è quello di riportare il tasso d’inflazione al 2% nel medio termine», fanno notare fonti interne della Bce. Stanno però aumentando i malumori. Nelle ultime tre settimane sono state svariate le voci che esortano alla prudenza, e non al mero dogmatismo. Non solo Visco, ma anche il portoghese Mário Centeno. La scelta per marzo appare scontata, ma la prossima settimana si aprirà la discussione su maggio e giugno. Il fronte del Nord è ancora prevalente, ma i nuovi dati potrebbe mutare diversi equilibri dentro il Consiglio direttivo.