Ad Alberto Barbera, alla sua simpatica faccia e al suo ormai difficile lavoro (trovare dei film ancora belli anche se forse nessuno ha più voglia di farli), il nuovo presidente della Biennale, il di lui più giovane Pietrangelo Buttafuoco, in grande stile, ha regalato altri due anni di difficile arrampicamento nel cinema del mondo, per trovare qualcosa che ci allontani dalle orribili guerre e invasioni. Quindi all’81esima Mostra del cinema di Venezia il sorridente Barbera troverà, tra quest’anno e il prossimo, nelle difficoltà, il meglio che si possa ancora trovare. «Sono stato a un grande mercato di audiovisivi a Hong Kong, e ho scoperto che adesso vanno di più piccoli film di un paio di minuti» dice Barbera, «la gente non vuole più pensare a sé, se deve aspettare qualcosa mette su un filmino e se lo gode. È un modo per sentirsi occupato il cervello anche per brevi momenti». Ormai i film sono diventati lunghi o brevi a seconda delle necessità. E quelli che vogliono avere la testa sempre occupata, vivere al di fuori della realtà, adesso hanno, orrore, la loro vita con le storie che preferiscono. Forse anche con strangolamenti finti. Vite sempre inventate, sempre dentro storie che non esistono. Vengono i brividi, ma forse chissà, sarà un modo per sopravvivere? È così che, con grande audacia, Barbera ha inserito tra i film ben cinque serie, scelte come se fossero film: ma a cosa servono le varie puntate che diventano parte della storia? A nulla ovvio, se non a permettere dopo tanto tempo di silenzio e rifiuto di continuare a guardarle con occhi nuovi. Cinque serie poi sono tante, anche se questa volta i critici, anche i più superbi, tirando un sospiro di sollievo, faranno quel che da sempre fanno, guardare le serie godendone o meno. È questa la ragione per cui per l’81esima Mostra ha voluto accoglierle. Poi si vedrà, o no, il successo.
Lei, chiedo al direttore della Mostra, ricorderà certamente quando si tentò di inserire delle serie e alcuni critici, offesi, non andarono sprezzantemente a vederle? «Certo, ma le serie erano molto televisive, mentre oggi devo dire che sono trattate con l’accuratezza di un film, con la stessa cura e girate da bravissimi registi che come Alfonso Cuarón, che in ottobre darà le sette puntate diDisclaimer — La vita perfetta con attori come Cate Blanchett e Kevin Kline, una serie tratta dal romanzo di Renée Knight, tipo giornalista cattiva che però sembra buona». Ancora serie, come quella realizzata dal geniale Thomas Vinterberg (quello del bel film Festen , 1998) in sette parti, una storia di famiglia, Families like ours ,poi le dieci puntate da vedersi in due volte, superando anche la stanchezza, diLos años nuevos , del giovane e bravo spagnolo Rodrigo Sorogoyen che mette in scena gli incontri della coppia innamorata che si ritrova ogni capodanno. E un nuovo Leopardi , questa volta di Sergio Rubini. Poi ci sarebbe la grande scoperta, tenuta nascosta negli abissi, diM. Il figlio del secolo , otto episodi che pare siano proprio speciali, almeno così dice chi li ha visti. Ma attenzione, anche se ormai internet ne parla, a scriverne ci sarebbero, addirittura, pene pecuniarie. Va bene, e visto che anche la pubblicità ne parla e tiene nascosta la trama che tutti sappiamo a memoria, si tratta della serie tratta dai libri di Antonio Scurati, affidata al regista Joe Wright, uno che, per caso, ha girato l’ennesimo film su orgoglio e pregiudizio. Però se, come pare, Il figlio del secolo , con Luca Marinelli che fa Mussolini, sia davvero bello lo chiedo a Barbera: ma la serie è davvero bella? «Non lo so» risponde, sapendolo benissimo. Ma a lei andrebbe di occuparsi di serie? «Hanno cominciato a chiedermelo». Ma lui non ha detto né sì né no.