Senza inseguire definizioni roboanti, possiamo chiamare il 25 settembre la “giornata del disvelamento”. Tre le questioni. La destra ha vinto le elezioni ma non ha stravinto, non c’è stato lo straripamento parlamentare che consenta di cambiare l’assetto istituzionale del paese in autosufficienza. La seconda questione: la sinistra organizzata tradizionale non è più una forza capace di dare un orientamento per un’alternativa. La terza: per la prima volta alle politiche l’astensione è profonda e con un significato politico. Si sono astenuti i giovani, l’area per tradizione più entusiasta. Non è un fatto positivo , ma fa ben sperare: questi giovani sono una riserva che tornerà in campo; l’astensione degli anziani invece è una delusione non recuperabile.
Vediamo le tre questioni. La maggioranza contiene una profonda contraddizione. Dei tre partiti della coalizione, due sono perdenti e cannibalizzati dal partito di maggioranza. La contraddizione emergerà, non subito: nei primi sei mesi il governo sarà sotto tutela diretta di chi ha governato negli ultimi diciotto. Dopo però le due forze perdenti della coalizione scalpiteranno.
La seconda. La sinistra sconta un trentennio nel quale ha svuotato la rappresentanza istituzionale, ha reso la politica ordinaria amministrazione, ha accettato il minimalismo sociale. Ha abbandonato la questione delle ineguaglianze della società: perché la questione sociale non è solo adeguamento della remunerazione ma soprattutto cambio del sistema che produce le situazioni di ineguaglianza.
La terza. Oggi c’è chi parla di scioglimento del Pd. Il manifesto dello scioglimento non solo è doloroso per chi è appartenuto a una forza politica, ma è un atto di revisionismo profondo. Questo manifesto non può essere scritto dagli autori della sconfitta ma da chi aveva aderito a questa forza credendola innovativa e capace di creare una nuova sintesi politica. Serve dunque una grande convocazione dei non votanti, dei quarantenni che non hanno nulla da spartire con quello che è avvenuto fino al ‘92. Debbono dare una mano a capire perché va sciolta una forza inadeguata ai mutamenti che andavano introdotti nella dottrina della sinistra.
Infine, altra grande questione è quella della costruzione politica dell’Europa, il superamento del modello di organizzazione di uno stato sociale su basi nazionale. La sovranità nazionale è un arretramento che va in conflitto con gli interessi delle nuove generazioni.Ma è un problema che ha sia la maggioranza che l’opposizione. Entrambe hanno introiettato trent’anni di trasformismo parlamentare, di rinuncia alla politica come innovazione, come uso delle strutture istituzionali per il cambiamento della società. Oggi le modifiche della Carta sono proposte per l’accentramento del potere personale. La Carta è stata svuotata della sua sostanza di programma politico.
È questo il compito enorme delle nuove generazioni. Quelli che sono impegnati nelle università, nelle scuole, nella ricerca, e che sono stati mortificati nel trentennio in cui le istituzioni sono state declassate alla gestione del sottopotere e la politica ridotta a ricerca delle convenienze. Il governo aiuterà, perché sarà inadeguato. Meloni è attrezzata per un peronismo italiano e, sul piano istituzionale, per un sovranismo di tipo ungherese. Ma non per essere una forza di conservatorismo illuminato: il suo partito è di destra reazionaria e conservatrice.
Nella sinistra sento molti tuoni. Non so se pioverà o no, ma nell’area della sinistra si annuncia qualcosa di profondamente e radicalmente diverso. Ma tutto il ceto dirigente degli ultimi trent’anni deve accettare il manifesto dello scioglimento scritto dalle vittime del dissolvimento della sinistra.