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11 Marzo 2024LA VITTORIA DELL’ELMETTO LA VERA SFIDA ALLE EUROPEE
11 Marzo 2024
di Massimo Franco
L a domanda, adesso, è se l’unità delle opposizioni sopravviverà alla sconfitta di ieri in Abruzzo. Di colpo, le parti si sono invertite. Dopo l’affermazione del «cartello» Pd-M5S in Sardegna, due settimane fa, sembrava che contraddizioni e errori fossero franati nel campo di una destra traumatizzata. Ma stavolta il trauma riguarda le opposizioni. Mette a nudo divergenze profonde tra il partito di Elly Schlein, il Movimento di Giuseppe Conte e Azione di Carlo Calenda, che la speranza di una replica del successo sardo aveva velato. Il distacco bruciante del sette-otto per cento tra il candidato di sinistra e i grillini e quello della destra riporta impietosamente indietro le lancette politiche degli avversari del governo. Di nuovo, si pone il problema di amalgamare una forza come il Pd con le ambizioni dei Cinque Stelle; di armonizzare il «pacifismo» neutralista di Conte con l’atlantismo e la linea filo-Ucraina di Schlein. E soprattutto, di capire chi guiderà l’opposizione. Forse non è scontato.
La notte delinea un risultato che dà la coalizione di destra in vantaggio, mentre sembra dissolversi il fantasma di una rimonta avversaria. Forse è esagerato dire che la Sardegna è stata solo un’anomalia. Ma è difficile anche evocarla come l’inizio di una nuova fase. Di certo, le opposizioni sono state rianimate dal simulacro di unità raggiunto a livello regionale: esito tutt’altro che scontato. Per quanto riguarda il governo, invece, la consistenza della destra rimane vincente. E la premier può tirare un sospiro di sollievo. Ma il monito dell’elettorato è a non illudersi che esistano posizioni di rendita in grado di garantire comunque il successo; né che l’assenza di un’alternativa a livello nazionale basti a legittimare qualunque candidato della coalizione di destra sul piano locale. C’è da giurare che quanto sta avvenendo rafforzerebbe Palazzo Chigi almeno fino alle Europee di giugno. Dopo, è tutto da vedere. Ma avere politicizzato e «nazionalizzato» il voto in Abruzzo, e prima in Sardegna, si rivela a doppio taglio: per il governo e per i suoi avversari. E una volta ufficializzato il risultato, forse i partiti faranno bene a riflettere sulla sovraesposizione invadente dei leader e sull’effetto che questo ha sull’opinione pubblica. In più, per quanto competitivo e contraddittorio, e alla fine forse perdente, il «cartello» tra Pd e Cinque Stelle esce come sospeso: qualcosa che non è ancora un’alleanza, e ha bisogno di risultati per somigliarle. Le contraddizioni e le ambiguità sulla politica estera attraversano e cristallizzano distanze pesanti sia a destra, tra FdI e FI atlantisti e il Carroccio attratto dal putinismo e dal trumpismo; sia tra il Pd e un M5S e un’Avs altrettanto critici con la Nato e gli aiuti militari all’Ucraina.
L’affermazione in Abruzzo, però, permette alla premier di archiviare come incidente di percorso la sconfitta sarda. Da oggi può dedicarsi a rivedere la strategia del governo e a curare gli equilibri e le tensioni dentro l’esecutivo. Tuttavia, pensare che quanto è successo in queste settimane e gli appuntamenti in altre regioni e in Europa possano essere affrontati con tranquillità, perfino con una punta di sufficienza, sarebbe un errore. Forse non è cominciato il logoramento del governo, ma di certo si sta esaurendo la luna di miele. Sotto questo aspetto, i segnali che arrivano da Sardegna e Abruzzo possono rivelarsi salutari, se analizzati con freddezza e lucidità. Vale per le opposizioni ma ancora di più per il governo. Agendo e parlando come se fosse ancora minoranza, e usando a tratti un lessico poco presidenziale, la premier non trasmette il messaggio più efficace. E fingere che le cose vadano benissimo e che i ministri della destra stiano dando un’ottima prova, significa velare perplessità diffuse non solo nell’elettorato ma perfino a Palazzo Chigi. Di nuovo, il vantaggio è che sul versante opposto campeggiano sigle in concorrenza, se non in conflitto tra loro. I risultati delle ultime consultazioni, però, dicono che i vuoti si riempiono e le contraddizioni si diplomatizzano, e nel modo più imprevedibile. La domanda, semmai, è se l’unità di opposizioni così eterogenee reggerà a una sconfitta.