di Fulvio Paloscia
L’approdo al Gabinetto Vieusseux della sua biblioteca, dei manoscritti e di alcuni oggetti personali (la macchina da scrivere, le penne stilografiche) ha il sapore di un ritorno a casa per Pietro Citati. Fu a Firenze, infatti, che nacque lo scrittore, temutissimo critico letterario ( non lesinava in stroncature) e “narratore” delle vite dei grandi autori in biografie appassionanti e documentatissime (Tolstojvinse il Premio Strega nel 1984). Poi, trascorse infanzia e adolescenza a Torino, da cui però « fuggì per iscriversi alla Normale di Pisa » racconta il figlio, Stefano Citati, firma del giornalismo italiano. La collocazione nell’archivio Bonsanti rappresenterà, anche se idealmente, un nuovo riavvicinamento di Pietro Citati alla Toscana dopo i lunghi periodi trascorsi in Maremma, dove si rifugiava, appena poteva, da Roma. All’inizio fu un casolare nell’entroterra, alla Castellaccia, frazione di Grosseto. Dove ogni giorno, alle 11, dopo una mattinata intensa di lavoro, Pietro saliva in auto con Stefano e raggiungeva Roccamare « guidando veloce, e in modo distratto » . Lì trovava l’amico Carlo Fruttero ad ospitarlo nel suo capanno in spiaggia. E lì — in quella specialissima enclave di intellettuali, capitanati da Italo Calvino — decise poi di trasferire il ritiro vacanziero. Una parte dei 15 mila volumi che troveranno sistemazione e catalogazione al Vieusseux saranno proprio la biblioteca di Roccamare, l’altra sarà quella romana « e tra i due blocchi c’è differenza — racconta Stefano Citati — almare mio padre conservava soprattutto libri di letteratura francese, russa, saggistica». E in Maremma, Citati « trascorreva le giornate chiuso nel suo studiolo con orari metodici: lettura e scrittura nelle prime ore, poi al mare per lunghissime nuotate, infine il pomeriggio di nuovo il lavoro, fino a sera».
Non sono libri antichi, «ma l’accumulo di una vita di studio » . Tutti però portano traccia di Citati « grazie alle sottolineature a matita. Non annotazioni — ricorda Stefano — quelle riempivano fogli A4 che ripiegava e che vergava con una calligrafia impenetrabile, alla fine persino a lui stesso. Dagli appunti, archiviati in scatole da scarpe, nasceva una prima stesura, che poi batteva macchina con un dito solo » . Finché poté, non cedette al computer. Poi ci fu il traumatico passaggio « ma batteva così forte sui tasti che premendone uno solo riempiva intere righe conla stessa lettera. Così preferì la dettatura». A Firenze, Citati ritroverà un grande amico, anche lui sugli scaffali del Vieusseux con il suo fondo. Carlo Emilio Gadda: «Con grande puntua-lità, Gadda telefonava ogni giornoquando mio padre stava per sedersi a tavola per il pranzo. Che, alla fine della conversazione, risultava freddo » sorride Stefano. Con l’arrivo a Roma, nel 1952, per insegnare a un liceo dopo un periodo in Germania, grazie agli articoli su riviste letterarie come Il Punto e Paragone, e poi su il quotidiano Il Giorno (a cui seguirono nel tempo Corriere della Sera e
Repubblica) « iniziò a frequentare Bassani, Calvino, Moravia». Pasolini, anche lui al Vieusseux? « Si vedevano al ristorante, sempre con altre persone. Fellini era l’unico con cui mio padre pranzava da solo — racconta Stefano — Stimava soprattutto il primo Pasolini. Ho sempre avuto la sensazione che considerasse l’esperienza cinematografica come una dispersione». Ci sono, poi, i ricordi privati di Stefano Citati, dove si scorge il Pietro divulgatore nel senso più alto e nobile. « Più che avermi insegnato a leggere, mi ha costretto a leggere. E fece bene. Tutte le sue espressioni d’affetto erano mediate dalla letteratura. Ricordo che, notando quanto mi appassionassero, ogni sera mi leggeva pagine da libri di astronomia, per poi riassumerle con una grande passione. Amava molto la narrazione ai bambini di libri altrui » . Soprattutto, Pietro insegnò a Stefano « a camminare, in senso lato. Ricordo le lunghe passeggiate dopo pranzo, a dieci anni, prima dietro poi accanto a lui. In qui momenti parlava poco. Pensava. Ma a me bastava la sua presenza». Entro un anno, spiega Michele Rossi, direttore dei Vieusseux, «il fondo Citati sarà reso accessibile a tutti. Grazie a un magazzino che il Comune ci metterà a disposizione a Novoli, all’Archivio Bonsanti si libererà spazio per dargli una degna collocazione».