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Il Novecento di Prezzolini
di Dino Messina
Fu un intellettuale senza schemi: il saggio di Gennaro Sangiuliano
«La Voce» fu «la serra calda del fascismo e dell’antifascismo». Basterebbe questa definizione di Curzio Malaparte per suscitare la curiosità intorno alla vita e alle opere di Giuseppe Prezzolini, il padre della rivista che agli inizi del Novecento guidò l’attacco al positivismo e la rivolta morale contro i mali endemici dell’Italia: burocratismo, clientelismo, accademismo, mala giustizia… Il fatto è che Prezzolini non fu soltanto la «Voce» ma molto di più: nel suo cammino centenario (1882-1982) divenne una delle figure più significative del «secolo breve», anche se rappresentante di una categoria minoritaria, quella dei conservatori liberali, con una spiccata tendenza a fare sempre di testa sua e a non chiedere prebende per se stesso. Lo riconobbe negli anni Trenta lo stesso Benito Mussolini che da giovane socialista squattrinato nel 1909 si era rivolto al già affermato intellettuale per una collaborazione.
Il complesso e affascinante itinerario di Prezzolini è ripercorso con precisione di studioso e piglio brillante nella biografia che gli ha dedicato Gennaro Sangiuliano, Giuseppe Prezzolini. L’anarchico conservatore, opera già edita nel 2008 da Mursia e ora riproposta negli Oscar Mondadori con prefazione di Francesco Perfetti, una spassosa postfazione di Vittorio Feltri e una dedica a Giorgia Meloni.
Secondogenito del toscano Luigi Prezzolini, che nell’82 era prefetto a Perugia, il piccolo Giuseppe perse la madre Emilia a tre anni e sotto la guida di una balia e del padre, grande amico di Giosue Carducci, si abituò a cambiare città e casa ogni due o tre anni trovando conforto nella biblioteca paterna più che nella compagnia del fratello Torello. Refrattario agli studi regolari, a 18 anni, quando venne a mancare il genitore, non aveva preso la licenza liceale, né la prese mai, anche se era avido di letture le più disparate.
La sua personale università la trovò sui colli fiorentini, quando in una delle passeggiate con amici fece la conoscenza di un altro giovane colto e originale, Giovanni Papini, che aveva i titoli per diventare maestro ma sognava una carriera di scrittore. L’occhialuto Papini lo guidò a seguire letture sistematiche in una sorta di corso accelerato sul sapere universale. Dal sodalizio nacque nel 1903 la rivista «Leonardo», che aveva come logo un cavaliere a tre lance e come obiettivo la lotta al positivismo. Cesare Lombroso vi fu definito un «ciarlatano». Prezzolini, forte di una rendita che gli aveva lasciato il padre, a Parigi attinse allo spiritualismo di Henri Bergson e alla nuova letteratura di Charles Péguy. Ma il vero nume tutelare degli anni giovanili di Prezzolini e Papini fu Benedetto Croce, che guardava con simpatia il gruppo fiorentino.
Il 1908 è l’anno della «Voce», rivista alla quale collaborarono Giovanni Amendola e Gaetano Salvemini, Benedetto Croce e Giovanni Gentile, Giuseppe Lombardo Radice e il vecchio Alfredo Oriani. L’anti accademismo e l’anti giolittismo andavano di pari passo con un nazionalismo che collegava il Risorgimento al tardivo colonialismo italiano e a un certo realismo in politica. Prezzolini, futuro autore di una notevole monografia su Niccolò Machiavelli, apprezzava i moderni fautori della scienza politica, Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto.
La guerra di Libia del 1911 fu uno degli elementi di divisione, Salvemini che coniò la definizione di «cassone di sabbia», abbandonò il gruppo e fondò «L’Unità». Ma il fronte di questi intellettuali militanti era culturale prima che politico. Così se Ardengo Soffici organizzò a Firenze la prima mostra italiana degli Impressionisti, giudicò la mostra futurista di Milano «una smargiassata». Un’offesa che finì a cazzotti. Umberto Boccioni, sceso a Firenze con il gruppo futurista, prese a ceffoni Soffici, il quale rispose con il suo bastone. Seguì la contro-spedizione dei vociani contro i futuristi in partenza alla stazione di Firenze.
La Grande guerra riunì e divise ancora e Prezzolini per dimostrare coerenza si arruolò a 33 anni mentre la moglie Dolores attendeva il secondo figlio. Poi fece l’istruttore, tornò al fronte. Nel dopoguerra capì per primo che i cinque milioni di mobilitati sarebbero stati i protagonisti di una rivoluzione i cui capi dovevano essere d’Annunzio e Mussolini. Scrisse tre libri memorabili sull’esperienza in trincea, attaccando i generali imbelli. Poi fu testimone della marcia su Roma senza parteciparvi. Giudicò Mussolini «un grand’uomo» ma non gli chiese mai nulla. Scrisse per la «Rivoluzione liberale» di Piero Gobetti un articolo sugli «apoti», coloro che non se la bevono. Poi si trasferì a Parigi, dove accudì il giovane Piero, malmesso e morente per le bastonate subite dai fascisti. Dopo l’esperienza parigina, in un Istituto della Società delle nazioni, nel 1929 accettò l’invito per insegnare letteratura italiana alla Columbia di New York. Rimase negli Stati Uniti oltre trent’anni, dieci come direttore della Casa degli italiani. Professore senza laurea e senza diploma, era amatissimo dagli studenti ma senza famiglia perché Dolores non volle seguirlo. Si legò alla sua assistente, Jackie, Gioconda Savini, che avrebbe sposato dopo la morte di Dolores.
Autore di libri originali, come quello sui viaggi pionieristici degli americani in Italia (Jefferson in Piemonte che compra un tipo di riso da impiegare nelle sue coltivazioni), Prezzolini che nel 1940 era diventato cittadino statunitense visse la Seconda guerra come una tragedia (come un figlio i cui genitori si separano).
Dal ’45, all’età della pensione, conobbe una seconda giovinezza con l’incarico di corrispondente del «Tempo» di Renato Angiolillo, poi del «Resto del Carlino» e della «Nazione». Nel ’62 finalmente tornò in Italia con la sua Jackie, si stabilì a Vietri sul Mare. L’idillio durò sei anni, fino a un litigio per motivi fiscali in cui aveva ragione. Gli ultimi anni li passò a Lugano. Sandro Pertini, nel consegnargli un premio, gli chiese: perché non torna in Italia? E lui ironico: «Non si preoccupi, presidente, ci torno tutti i giovedì. A comprare la verdura».