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Milano
«Com’è possibile che nel mondo di oggi si muoia ancora di fame, si venga sfruttati, si sia condannati all’analfabetismo, manchino le cure mediche di base e si rimanga senza un tetto?» Così il Papa ha interrogato l’élite politica ed economica riunita a Davos, in Svizzera, al World Economic Forum (Wef), nello stesso giorno, in cui hanno tentato di offrire una risposta concreta anche 260 miliardari e milionari chiedendo di introdurre tasse patrimoniali per migliorare i servizi pubblici in tutto il mondo. Nella lettera aperta intitolata “ Proud to Pay” (che significa “orgogliosi di pagare”, ndr) si legge: «Siamo le persone che beneficiano maggiormente dello status quo. Vi chiediamo di tassare noi, i più ricchi della società. Ciò non modificherà radicalmente il nostro tenore di vita, né priverà i nostri figli, né danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro futuro democratico comune».
Una richiesta importante per contrastare le disuguaglianze globali, che è allineata con le parole di Francesco indirizzate direttamente a Klaus Schwab, presidente Esecutivo del Wef. Sotto gli occhi di tutti «un mondo sempre più lacerato – ha scritto il Pontefice –, in cui milioni di persone – uomini, donne, padri, madri, bambini – i cui volti sono per lo più sconosciuti, continuano a soffrire per gli effetti di conflitti prolungati
e di guerre vere e proprie». Queste sofferenze, ha osservato il Papa, citando un passaggio del discorso che aveva tenuto al Corpo diplomatico della Santa Sede lo scorso 8 gennaio, sono aggravate dal fatto che «le guerre moderne non si svolgono più solo su campi di battaglia ben definiti, né coinvolgono solo i soldati. In un contesto in cui sembra non essere più rispettata la distinzione tra obiettivi militari e civili, non c’è conflitto che non finisca in qualche modo per colpire indiscriminatamente la popolazione civile».
L’auspicio del Papa è che, nel corso delle discussioni, a Davos, si tenga conto della «urgente necessità di promuovere la coesione sociale, la fratellanza e la riconciliazione tra gruppi, comunità e Stati, per affrontare le sfide che abbiamo davanti». In primis, il raggiungimento della pace che è «frutto della giustizia». Di conseguenza, per raggiungerla non serve solo «mettere da parte gli strumenti di guerra», bensì «affrontare le ingiustizie» alla base dei conflitti. Anzitutto la fame, «che continua ad affliggere intere regioni del mondo, mentre altre sono segnate da un eccessivo spreco di cibo». Bisogna, secondo il Papa, denunciare a gran voce e contrastare lo sfruttamento delle persone, costrette a lavorare per bassi salari e senza prospettive reali di crescita professionale e sviluppo personale, e la speculazione sulle risorse naturali, che «lascia intere popolazioni, che di queste risorse sono i naturali beneficiari, in uno stato di indigenza e povertà». Francesco ha richiamato i potenti del pianeta alla «responsabilità morale » che deriva dal loro ruolo, alla «subordinazione del perseguimento del potere e del guadagno individuale, sia esso politico o economico, al bene comune della nostra famiglia umana, dando priorità ai poveri, ai bisognosi ». Al mondo degli affari e della finanza il Papa ha raccomandato di guidare le imprese con lungimiranza, perseguendo non solo il profitto, ma anche «elevati standard etici» che permettano il raggiungimento di «uno sviluppo integrale per tutti i nostri fratelli e sorelle», nella «ricerca di una coesistenza pacifica tra i popoli».
«Ogni nuova generazione deve fare proprie le lotte e le conquiste delle generazioni passate, puntando ancora più in alto» ha concluso il Papa, ricordando un passaggio dell’Esortazione apostolica Laudate Deum, che «la bontà, insieme all’amore, alla giustizia e alla solidarietà, non si realizzano una volta per tutte; devono realizzarsi ogni giorno».