l’intervista
Manfred Weber
di Marco Bresolin
Il piano da 800 miliardi per aumentare le spese militari «è un primo passo» che «porterà enormi benefici all’industria della Difesa italiana». Per questo Manfred Weber critica l’atteggiamento scettico della Lega che «fa il gioco di chi vuole dividerci per indebolirci».
Il presidente del Ppe chiede però di alzare il livello di ambizione, anche rivedendo il principio dell’unanimità in politica estera, e non chiude la porta al debito comune per finanziare progetti di Difesa congiunti. «Il principio-guida nell’Unione europea è e resta quello di mantenere la pace – premette il leader del Ppe -. Ma la buona politica si fa guardando ai fatti e oggi la realtà è che la Russia è in modalità economia di guerra. E le minacce sono costanti, non solo in Ucraina: la Romania è stata costretta a rifare le elezioni presidenziali per via delle interferenze russe, le nostre infrastrutture digitali sono quotidianamente sotto attacco. Nessuno sa cosa potrà succedere nella prossima fase in Russia, dunque dobbiamo prepararci per tutti gli scenari. È nostro dovere dire la verità ai cittadini».
L’opinione pubblica, però, è divisa: se a Est i cittadini capiscono le ragioni del riarmo, il concetto è difficilmente dirigibile nei Paesi del Sud. Non trova?
«È comprensibile che i cittadini in Portogallo abbiano una prospettiva diversa da quelli in Lituania, ma in un momento come questo la politica deve mostrare la sua leadership e fornire risposte olistiche. Gli americani ci hanno fatto sapere di non essere più disposti a sopportare i costi della nostra sicurezza e per certi versi hanno ragione. Dobbiamo essere più responsabili e tutti devono contribuire. Se restiamo uniti, nessuno ci sfiderà».
A proposito di unità, la coalizione che sostiene il governo italiano è molto divisa: crede che Meloni si farà trascinare sulla linea della Lega?
«Ci sono due livelli diversi. Uno è quello europeo e lì vedo che il governo italiano sostiene la linea generale, sia per quanto riguarda l’Ucraina, sia per quanto riguarda la necessità di rafforzare la nostra Difesa. Poi ci sono le discussioni interne che riguardano il contributo che l’Italia può dare. Io dico solo che se facessimo le cose insieme, per esempio attraverso appalti congiunti nel settore della Difesa, saremmo molto più efficienti, molto più al sicuro e risparmieremmo miliardi di euro. Sono lieto che il mio amico Tajani segua l’eredità di De Gasperi, che con Adenauer sostenne l’idea di una Difesa europea».
Meloni però dice che gli 800 miliardi del piano Von der Leyen sono virtuali: sbaglia?
«Quel piano è un primo passo, una precondizione per raggiungere i nostri obiettivi e far sì che gli Stati aumentino le spese militari. Ma si tratta ancora di iniziative su base volontaria. Così come abbiamo inventato l’euro o il mercato interno, siamo in un momento in cui dovremmo cambiare l’architettura europea e fare davvero le cose insieme. E ridiscutere il nostro processo decisionale per giocare un ruolo più efficace a livello geopolitico, anche rivedendo il principio dell’unanimità per le decisioni in politica estera. Se Trump ci invitasse ai negoziati in Arabia Saudita, chi ci andrebbe? Von der Leyen? Costa? Macron? E il nostro rappresentante sarebbe vincolato dall’unanimità in Consiglio? Questo dimostra che, allo stato attuale, non possiamo ancora giocare un ruolo a livello globale».
Tornando al piano da 800 miliardi, molti in Italia – compreso il ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti – sostengono che si tratta di un’iniziativa che va sostanzialmente a beneficio della sola Germania: è d’accordo?
«È un falso argomento. Il cambio delle regole sul debito in Germania e la proposta della presidente Von der Leyen sono due questioni distinte. Berlino doveva modificare la Costituzione per aumentare la spesa nazionale, mentre all’Europa serve un piano comune per il riarmo che dia maggiore flessibilità agli Stati membri e faciliti la spesa comune per la difesa. Veramente non capisco come alcuni politici della Lega non vedano l’enorme potenziale per l’industria della Difesa italiana: se l’Europa e la Germania spendono di più in questo settore, l’Italia diventa uno dei principali beneficiari. Questo dibattito che cerca continuamente di separare gli interessi europei da quelli nazionali fa soltanto il gioco dei nostri nemici che vogliono metterci l’uno contro l’altro e indebolirci. Se i leghisti non capiscono che queste divisioni non fanno altro che danneggiarci, vuol dire che non hanno capito la portata storica di questa missione».
Ma il Ppe è pronto a sostenere l’emissione di debito comune?
«Tutti gli strumenti finanziari vanno presi in considerazione. Tuttavia, siamo ancora in fase di discussione. Di certo una cosa è chiara: dobbiamo investire di più nella Difesa europea».
Sul sostegno all’Ucraina e sui dazi, il governo italiano spinge per non rompere con Trump: questa linea non rischia di indebolire l’unità europea?
«I contatti tra Meloni, Tajani e l’amministrazione americana sono un asset per l’Europa. È bene avere costruttori di ponti e ringrazio molto Meloni per la sua cooperazione. Sui dazi, per esempio, siamo tutti sulla stessa barca e la nostra unità sarà la nostra forza».
Tra una settimana lei sarà a Roma per un evento di Forza Italia in vista del congresso del Ppe di fine aprile che dovrebbe confermarla per un secondo mandato: l’Italia è al centro dei vostri eventuali progetti di espansione?
«Presto il Ppe avrà 13 membri al Consiglio europeo ed è il king maker in Parlamento e in Commissione: abbiamo un ruolo guida in Europa. Mentre i populisti strillano, noi siamo la voce seria delle politiche di centrodestra. L’Italia rappresenta un pilastro solido nel Ppe e sono molto contento che Antonio Tajani abbia deciso di continuare come vice-presidente».
La nuova inchiesta sulle attività di Huawei al Parlamento europeo ha visto coinvolti un’assistente e un ex collaboratore del capo-delegazione di Forza Italia, Fulvio Martusciello: ha ancora fiducia in lui?
«Il Ppe è il partito dello Stato di diritto in Europa. Difendiamo questo principio e quindi pensiamo che questo tipo di indagini siano pienamente nelle mani della procura e della giustizia. Facciamo pieno affidamento sul loro lavoro».