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Il “Sistema” e le proteste di alcuni magistrati
6 Febbraio 2025
Almasri, denuncia alla Corte penale contro il governo. Tajani: “Aprire un’indagine sull’Aja”. Il Consiglio europeo: “Indipendente e imparziale”
7 Febbraio 2025ADDIO ALDO TORTORELLA Intellettuale e grande dirigente del Pci, aveva 98 anni. Il suo nome di battaglia era partigiano Alessio
Vorrei capiste quanto doloroso e umanamente traumatico sia per me scrivere della scomparsa di Aldo Tortorella.
Lo è in realtà sempre per tutti quei compagni che come noi per più di vent’anni hanno lavorato, in qualità – come si diceva allora – di “funzionario di partito”, a Botteghe Oscure o nei suoi equivalenti federali.
Perché l’impegno politico non era a quei tempi un aspetto della propria vita, era la vita stessa, e per questo i rapporti fra di noi diventavano totali.
Personali e collettivi, umani e politici, mai settoriali, perché abbracciavano tutti gli aspetti dell’esistenza. Con Aldo per me sono stati così stretti, perché è capitato che siano stati condivisi anche i legami centrali della nostra vita. A cominciare da quello con Rossana, sua coetanea, sua compagna di università, ambedue allievi di Banfi, un grande maestro di filosofia che gli aprì la porta del comunismo. Tutti e due guidati da lui a diventare partigiani a 18 anni. Poi militanti comunisti e insieme intellettuali, un connubio allora molto normale nel Pci, un’altra particolarità oggi ben più rara.
Poi tanti decenni di militanza analoga, io, gregaria, per un secolo nella Fgci e poi nella commissione femminile, ma pur sempre a Botteghe Oscure, Aldo, invece, subito di vertice – prima direttore dell’Unità di Genova, dove era capitato quasi per caso, fuggendo travestito da donna da un ospedale militare durante la Resistenza che si trovò così a combattere in Liguria, nelle fila del Fronte della Gioventù. Poi, tornato a Milano alla fine degli anni ’50, sempre direttore dell’Unità, quindi segretario della federazione milanese del Pci, infine a Roma, successore di Rossana – guarda caso – alla testa della Commissione culturale del Partito.
È in quegli anni di Milano che, pur senza rallentare i rapporti di amicizia, cominciammo a distanziarci politicamente, prima perché è in quel contesto milanese, nel quale “funzionari” erano anche Rossana e Lucio Magri, che cominciò a delinearsi la tendenza (non corrente, non ci fu mai) “ingraiana” dalla quale Aldo restò sempre distante, restando berlingueriano fedele, ma mai sdraiato sulle linea ufficiale del Pci, soprattutto quando questa, alla fine degli anni ’70, non fu più quella di Enrico Berlinguer che pure era segretario del Partito.
Dall’ingraismo, come sapete, è nato nel 1969 il manifesto, per iniziativa di una sua ala più indisciplinata, decisa a correre i rischi che comportava superare i confini della disciplina di partito. Ricordo bene quei mesi, perché in quei tempi, come da anni, avevo l’abitudine, quando – assai spesso – ero a Milano, di andare a dormire a casa di Lia Cigarini, amica strettissima, anche perché prima donna ad essere stata segretaria della mia amata Fgci in una grande città come il capoluogo lombardo. Quando noi “manifestini” veniamo messi sotto processo dal partito e poi radiati io sono a Milano in casa di Lia, nel frattempo divenuta compagna di Aldo: nella casa di Lia in bagno c’erano due lavandini per cui quando si aveva fretta era possibile lavarsi i denti contemporaneamente e ricordo Aldo che con lo spazzolino in mano mi apostrofava: «Sei una “pirla”,proprio una “pirla”». Non ridevamo, ci dispiaceva a tutti e due.
Ci siamo ritrovati nel 1989. Ho una bella fotografia sulla mia scrivania, scattata in occasione dell’incontro con la stampa per presentare la mozione numero 2 contro la decisione di Occhetto di sciogliere il Pci. In prima fila i firmatari. Tutti di nuovo riuniti. Fra loro Ingrao, Natta, Chiarante, io e Magri. Aldo ha retto un po’ più a lungo nel nuovo Pds, poi Ds, ma ha rotto già prima dell’avvento del Pd, quando Massimo D’Alema, al governo, ordina, durante la guerra del Kosovo, il bombardamento dei jet della Nato su Belgrado a partire dalle basi italiane. Durò 78 giorni.
Ci siamo ritrovati anche nell’impegno, non solo nelle idee. Prima nella redazione di una pubblicazione durata parecchi anni, a cavallo del secolo, La rivista del manifesto, allegata al quotidiano. Poi quando Aldo ha dato vita a l’Ars, l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, preziosa e attiva sede di incontro dei tanti ormai dispersi ma pur sempre impegnati nella ricerca di una nuova strada comune, oggi diretta da Vincenzo Vita. E, sopratutto direi, nel suo impegno di conservare e rinnovare la voce antica di una rivista bellissima, Critica marxista, oggi affidata a Guido Liguori.
Vi ho raccontato tanti dettagli come non si fa nei necrologi. Ma volevo trasmettervi la testimonianza di quanto siano rimasti stretti i rapporti, nonostante le frequenti divergenze, fra i militanti comunisti, quando c’era un grande partito come il Pci .
A testimoniare in prima persona il tempo antico, eravamo fino a qualche anno fa rimasti solo in tre membri della direzione del Pci che erano stati iscritti dagli anni ’40, dall’immediato dopoguerra: Macaluso, Aldo e io.
Poi siamo rimasti in due quando anche Emanuele è scomparso qualche anno fa e con Aldo scherzavamo su di noi sopravvissuti.