
«Una religione nonviolenta la sfida dei figli di Abramo»
16 Aprile 2025
Gli Usa dalla parte di Putin sul massacro a Sumy: «No alla condanna del G7»
16 Aprile 2025Invasione di campus L’università «non rinuncerà all’indipendenza e ai suoi diritti costituzionali». L’amministrazione congela 2.2 miliardi di fondi
LOS ANGELES
«Harvard non rinuncerà alla propria indipendenza né ai propri diritti costituzionali. Né Harvard né nessun’altra università privata può permettersi di essere sottomessa dal governo federale». Dichiarazione che sarebbe sembrata scontata un paio di mesi fa. Con la quale l’ateneo più prestigioso d’America ha respinto l’intimazione della Casa bianca a cessare ogni iniziativa di pari opportunità, pena la perdita dei finanziamenti pubblici. Il contesto che ha reso singolare la nota è quello in cui atenei come la Columbia hanno accettato le condizioni imposte fino all’eliminazione idi facoltà e la riformulazione di programmi di studi dettata dalla Casa bianca. Per non parlare dell’espulsione d’ufficio di centinaia di studenti stranieri per reati d’opinione (di solito opposizione al massacro di Gaza qualificato come «apologia di antisemitismo»). Ad oggi più di 600 visti sono stati revocati senza appello direttamente dal ministro Rubio. In alcuni casi i “colpevoli” sono stati prelevati a casa o per strada da squadre di incappucciati e fatti sparire nel gulag dei penitenziari federali o in lager offshore.
PER QUANTO LOGICO il rifiuto di Harvard è risaltato dunque come uno squarcio dell’assordante silenzio e della connivenza che ha accompagnato l’inquietante spirale autoritaria. E ha rappresentato un’inversione di rotta rispetto alla genuflessione dello scorso anno, quando l’ateneo aveva licenziato la rettrice, Claudine Gay, per non aver sufficientemente represso il movimento contro la strage di Gaza e revocato le lauree di studenti «dissenzienti».
Anche l’attacco al “Dei” (diversity, equity and inclusion) è stato motivato col «contrasto all’antisemitismo», ma nel panorama ideologico Maga la «sacrosanta crociata» contro il politically correct, è in realtà quella dal più diretto retaggio razzista, una rivalsa promessa da Trump ai sostenitori bianchi che hanno dovuto subire il «sopruso» del «riequilibrio dell’accesso» vinto a suo tempo dal movimento per i diritti civili.
«HARVARD HA DATO l’esempio ad altre istituzioni – ha commentato Barack Obama – respingendo un goffo e illegale tentativo di sopprimere la libertà accademica ed assicurando invece che gli studenti possano beneficiare di un’atmosfera consona all’indagine intellettuale, il dibattito rigoroso ed il mutuo rispetto. Speriamo che altri la seguano».
Almeno un secondo ateneo, l’Mit (Massachusetts Institute of Technology), sembra aver accolto l’appello dell’ex presidente, allineandosi ai «vicini di casa» di Cambridge Massachussetts. Il parlamentare del Maryland (e altro alumnus della Harvard Law School) Jamie Raskin ha dichiarato che «il presidente di Harvard Alan Garber ha difeso la libertà accademica e la ricerca della verità libera da controlli governativi e propagande di stato. Ogni college e università dovrebbe unirsi in coalizione contro le oltraggiose tattiche mafiose (godfather offers) ed i ricatti della Casa bianca».
SULLE UNIVERSITÀ si sta giocando una partita cruciale della crisi costituzionale che attanaglia oggi gli Stati uniti. Oltre all’attacco agli studenti stranieri e “dissidenti” il programma Maga come delineato prevede la decostruzione dell’intero impianto universitario in quanto incubatore di «eversione anti americana». A questo riguardo Chris Rufo, uno degli architetti del Project 2025 ha dichiarato al New York Times che «l’obiettivo dovrà essere quello di usare i finanziamenti pubblici per indurre negli amministratori universitari un terrore tale da comprendere che se non cambieranno atteggiamento non quadreranno il bilancio». D’accordo col programma è in corso una sistematica smobilitazione, su pretesti ideologici, del finanziamento dei grant e delle borse che sostengono il lavoro di centinaia di migliaia di ricercatori, docenti, studenti e dottorandi che oggi versano nel caos e nel panico.
LE UNIVERSITÀ sono dunque fronte incandescente dell’assalto trumpista all’ordine costituzionale. La rappresaglia contro Harvard è stata immediata con il trattenimento di 2,2 miliardi di dollari, nello stile ormai noto del regime, lo stesso che si applica ad avversari politici, nazioni sovrane da tassare o chiunque si ritenga debba soggiacere alla volontà del padre padrone degli Stati uniti. In questo contesto per molti universitari l’aspetto più sconfortante è stata la sottomissione anticipata di atenei che, come la Columbia, erano stati il vanto del sistema americano oltreché motore mondiale di ricerca ed innovazione, il fulcro del soft power Usa. Come ha affermato sempre Raskin, «l’obbiettivo di Trump è la distruzione dell’istruzione superiore e del pensiero critico in America».
IN UN BRIEFING alla Casa bianca la portavoce Karoline Leavitt ha contrattaccato con uno sproloquio a base di «efferati criminali stranieri», «indottrinamento da parte di campus elitari» e una difesa ad oltranza anche delle trasgressioni più clamorose allo stato diritto, come le rendition extralegali di studenti come Mahmoud Khalil e Rumeysa Ozturk ed il rifiuto a rispettare la sentenza della Corte suprema che ha ordinato il rimpatrio di Kilmar Abrego Garcia. Il padre di famiglia spedito nel lager salvadoregno non è uno studente ma il suo caso – e in particolare lo sprezzo plateale della sentenza costituzionale che lo riguarda costituisce un avvertimento – questo si “in stile padrino” – a chiunque osi sfidare il regime.