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Il tema dell’aeroporto di Siena e provincia merita un ragionamento ampio, che non si fermi alla sola questione infrastrutturale, né tanto meno al confronto tra favorevoli e contrari. La vera questione da porsi riguarda il modello di sviluppo che immaginiamo per Siena e per la sua provincia: non un’infrastruttura isolata, ma un sistema integrato che tenga insieme trasporti, turismo, economia locale e qualità della vita.
Partiamo da un dato: ogni intervento che aumenta le opportunità di accesso e connessione di un territorio è, in astratto, un fatto positivo. L’aeroporto può contribuire a questo obiettivo, ma la domanda è: in quale cornice di sviluppo si inserisce? Quale domanda reale può soddisfare? E soprattutto: quali effetti diffusi può produrre nel medio-lungo periodo sulla città, sulla provincia e sui cittadini che vi abitano?
Oggi Siena e provincia non soffrono solo per la mancanza di un aeroporto operativo, ma per un insieme di carenze strutturali: una viabilità secondaria inadeguata, connessioni ferroviarie insufficienti, sanità pubblica in sofferenza, un tessuto produttivo fragile, spesso poco innovativo. Se non affrontiamo queste questioni insieme, anche il miglior aeroporto rischia di restare un’infrastruttura isolata, destinata a servire una domanda di nicchia più che un reale bisogno collettivo.
Chi sostiene la centralità dell’aeroporto parla di potenziali ritorni economici e di un aumento dei flussi turistici di fascia medio-alta. Sono stime legittime, ma che andrebbero fondate su analisi realistiche e sostenibili. Oggi i numeri evocati — ad esempio gli 8 voli giornalieri per 8 mesi l’anno — restano proiezioni, senza un’adeguata base di domanda effettiva e consolidata.
Inoltre, la stessa sostenibilità economica della gestione privata solleva qualche perplessità: quale investitore può permettersi di pagare 20, 30, 50 mila euro al mese di concessione per una struttura che, nella fase iniziale, avrebbe volumi di traffico così limitati?
Chi conosce i costi di gestione di un aeroporto — manutenzione, sicurezza, personale specializzato, servizi di terra, utenze — sa bene che senza numeri consistenti di passeggeri e voli, il bilancio non torna. E se non torna, o si continuerà a gravare sulla mano pubblica o si limiteranno i servizi, oppure si alzeranno i costi per gli operatori e per i fruitori.
Non basta dunque dire “aeroporto sì o no”. Serve un disegno di sviluppo chiaro e integrato, in cui la riapertura dello scalo sia parte di una strategia più ampia: rafforzamento della rete viaria e ferroviaria, investimenti seri in sanità e welfare, politiche per la cultura, la formazione e l’innovazione economica. Solo così un aeroporto può diventare una porta di accesso a un sistema attrattivo e dinamico per Siena e provincia/e, e non un’infrastruttura che rischia di rimanere sottoutilizzata o di servire pochi.
Per questo motivo, sarebbe necessario un vero Patto di programma per Siena e provincia/e, che tenga insieme tutti questi elementi: infrastrutture, mobilità, turismo, servizi, ambiente, ricerca e impresa. Un accordo tra istituzioni, mondo economico, forze sociali e cittadinanza, per delineare una visione condivisa di sviluppo e attrattività.
Infine, non possiamo dimenticare la sostenibilità ambientale: ogni nuova infrastruttura deve essere compatibile con gli obiettivi di riduzione delle emissioni e con la qualità ambientale del territorio. Non per ideologia, ma per lungimiranza.
Il rilancio di Siena e provincia non passa da una sola infrastruttura, per quanto importante. Passa da un’idea di città e territorio moderni, connessi, competitivi, inclusivi.
Su questo terreno credo valga la pena aprire un confronto serio e responsabile, capace di guardare ai prossimi decenni e non solo all’immediato. Non può essere l’ENAC o un singolo parlamentare, perché rischierebbe di assumere i toni di una mera operazione propagandistica, a decidere il futuro dell’aeroporto e del territorio. È necessario un impegno corale e coordinato del Governo, della Regione Toscana, della Provincia di Siena, insieme alle forze sociali, economiche e culturali.
E soprattutto, è necessario coinvolgere i cittadini, perché solo un confronto trasparente, partecipato e informato può costruire consenso e rassicurare chi oggi guarda a queste scelte con legittima prudenza o preoccupazione. Un progetto di questo tipo può avere futuro solo se viene condiviso e percepito come un’opportunità per tutti, non per pochi.
Senza questo metodo di lavoro, qualunque investimento rischia di restare isolato, parziale e inadeguato rispetto alle vere esigenze di Siena e della sua provincia.