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13 Dicembre 2022Il Pd, i territori
Le elezioni amministrative in calendario nel 2023 a Massa, Pisa e Siena stanno immettendo nel panorama politico toscano dinamiche che s’intrecciano con prospettive più generali e creano manovre tattiche da analizzare una per una. Lo scossone più evidente, finora, si è avuto a Siena. Il sindaco Luigi De Mossi ha gettato la spugna e, dopo una serie di incontri romani e agitate riunioni delle litigiose componenti del centrodestra, ha detto che non si ricandiderà. In effetti la formula su cui si reggeva, cioè su un primo cittadino civico — aggettivo usato di norma per dire che si tratta di personalità formalmente non iscritta ad alcun partito — alla guida di una coalizione molto caratterizzata partiticamente e afflitta da perenni contrasti, ha rivelato a più riprese una cronica debolezza. Ognuno ha teso a prevalere ed imporre i suoi diktat. Ora l’opposizione si prepara all’attacco. Il Polo civico, composto da sei liste, correrà da solo e ha già schierato il suo candidato sindaco, Fabio Pacciani, che batte quartiere per quartiere con un’intensa campagna di ascolto. Forse tra le varie esperienze di civismo questa è quella che sta inquadrando in una visione ideale non improvvisata le sue proposte, collegandole ai nobili principi del patriottismo costituzionale (Viroli). Caso unico: è sceso in campo con determinazione il titolare di un’azienda biotecnologica che sta vivendo una stagione d’oro, ma fino ad oggi Emanuele Montomoli non ha una squadra.
E deve stare attento a ciò che fa perché le ambizioni dichiarate potrebbero creare impacci o confliggenti interessi tra la sua Vismederi ed un esplicito ruolo pubblico. Il Pd è malmesso: la spaccatura interna tra Bonaccini e Schlein non aiuta certo la compattezza. La guerriglia dei nomi prevale sull’elaborazione programmatica e non consente di parlar chiaro. In più il Pd non riesce a imbastire un sistema di alleanze credibili e solido. È il contrario di quello che sta accadendo a Pisa, dove il sindaco leghista Michele Conti ha buone probabilità di essere rieletto, ma il centrosinistra ha scelto in Paolo Martinelli, presidente Acli, un leader giovane e estraneo ai giochetti della vecchia politica. Per Massa il sindaco, Francesco Persiani, ha le sue chance ma Fabio Evangelisti può essere un avversario agguerrito in un Pd non frantumato come altrove.
A complicare le cose si è scatenato un ambiguo dibattito fuorviante. Circola l’idea, alimentata dalla coppia Bonaccini-Nardella, che il nuovo ceto dirigente nazionale debba, per vero ricambio, puntare sugli amministratori locali. Sicché sia le logiche del congresso Pd — finalmente! —, le primarie e gli appuntamenti regionali all’orizzonte si intersecano con dimensioni più tipicamente amministrative. Ma il rischio è che l’orizzonte rassicurante dell’amministratore, a cui dà volto bonario Stefano Bonaccini, finisca per essere un orizzonte stretto, a cui manca la visione aperta che in un grande partito dovrebbe precedere — non discendere da — la buona amministrativa. Dall’altra parte Elly Schlein incarna un’energia più tesa ad un’innovazione radicaleggiante, assai seduttiva per un elettorato che si è parecchio ridotto ed è stato deluso dall’allineamento con la dominante élite europea interpretato dal professorale Enrico Letta. Vien da chiedersi se non sarebbe opportuno di smetterla con il gioco degli scacchi delle partite comunali o regionali e distinguere candidature e indicazioni facendo tesoro delle loro specificità. Altrimenti il Parlamento è destinato a divenire ancor più il recinto in cui si tende a far valere gli scopi e i sostegni finalizzati ad una clientela, ad un territorio, maledetta parola enfatizzata ad arte.
La nozione di interesse europeo è naufragata nei permanenti litigi intergovernativi. I legittimi interessi nazionali sono coperti con un vociante e pericoloso sovranismo. Se la politica vuol riconquistare qualcosa almeno della dignità perduta deve essere declinata avendo riguardo all’insieme cui deve far fronte, non come spazio buono agli usi propagandistici di chi, ad esempio, si schiera con Schlein solo per opporsi a Eugenio Giani o si proclama civico per occultare un disinvolto trasformismo.
di Roberto Barzanti