Fondo Perduto
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7 Dicembre 2023La Nota
di Massimo Franco
Quando Palazzo Chigi comunica «piena sintonia» tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini dopo il colloquio di ieri, cerca di rassicurare tutti. E quando la premier ammette «sfumature diverse» tra alleati di governo, si capisce che affida a un eufemismo un contrasto vistoso sui rapporti con l’Europa. Basta mettere a confronto i giudizi abrasivi del leader leghista contro la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola e la lettera di ieri al Corriere, e quelli lusinghieri dati da Metsola nei confronti di Meloni: «Una donna pro-Ue molto forte. Noi contiamo su di lei». Rimane difficile, tuttavia, ignorare le parole del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, quando rimanda ai mittenti i timori sui legami tra Lega e ultradestra europea. Nella scia della manifestazione di domenica scorsa a Firenze, le polemiche sono lievitate: dentro la maggioranza governativa ma soprattutto con le opposizioni. E maliziosamente, Tajani ricorda a Pd e M5S che a preoccuparsi per le posizioni del Carroccio sono ex-alleati di Salvini nella legislatura passata. Il riferimento è ai Cinque Stelle, che con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi fecero un accordo con la Lega. Governarono insieme per oltre un anno. E si trattava di forze inclini, allora, a mostrarsi scettiche sull’adesione all’Ue, sull’euro, la moneta unica, e sulla Nato. Lo stesso Pd, in nome dell’unità nazionale, accettò di trovarsi in coalizione con Lega, FI e M5S quando si formò il governo di Mario Draghi: una scelta che alla fine ha avvantaggiato FdI e Meloni, unica opposizione. Ma ricordare ora quell’alleanza con Salvini serve a FI sia a rivendicare e marcare le distanze dal Carroccio sull’adesione ai valori e alle alleanze militari e politiche, senza rompere la maggioranza; sia a mostrare la strumentalità di certi attacchi da sinistra; sia a rassicurare l’Ue sull’affidabilità del governo. La disdetta del memorandum sulla cosiddetta «Via della Seta» con la Cina, già anticipata dal Corriere, era un gesto atteso dagli Stati uniti. E infatti a criticare Meloni è in prima fila l’estremismo di destra anti-Usa. Rimane la tensione con l’Ue, nonostante i riconoscimenti. Sull’approvazione della riforma del patto di Stabilità l’Italia recalcitra: lascia capire che potrebbe non approvarlo. La premier spiega a radio Rtl 102.5: «Non si può dire sì a una riforma che non si potrà rispettare». E questo mentre dovrà interrompere il temporeggiamento sulla ratifica del Meccanismo europeo di Stabilità, il Mes, che Meloni ha ribadito di non voler sottoscrivere: sebbene il nostro Paese sia rimasto l’unico a non farlo, provocando l’irritazione degli alleati. Si capirà presto se questa tattica ha aumentato o no i margini per spuntare condizioni migliori.