di Marcello Sorgi
Il vertice di ministri seguito ieri alla morte di Satnam Singh – l’immigrato irregolare morto per mancanza di soccorso dopo un grave infortunio sul lavoro, un lavoro ovviamente prestato senza nessuna garanzia, da clandestino a 4 euro l’ora – non è servito a risolvere il problema dei migranti arruolati in impieghi stagionali in agricoltura con paghe da fame. Semmai ha raggiunto l’obiettivo opposto: dimostrare i limiti delle politiche del governo in fatto di immigrazione e il mancato funzionamento delle leggi – l’ultima, il decreto Cutro, dopo il naufragio con centinaia di morti del 23 febbraio dell’anno scorso davanti alle coste calabresi, simile in tutto e per tutto a quello che si è ripetuto la settimana scorsa nel mare di Roccella Jonica.
Il governo insomma oscilla tra la politica della faccia feroce, culminata nell’operazione Albania, la costruzione di due centri di permanenza dove verrebbero inviati i clandestini dall’Italia, e la pretesa svolta solidarista della “guerra al caporalato” annunciata ieri dai ministri Calderone (lavoro) e Lollobrigida (agricoltura), pensando di interpretare, in una direzione e nell’altra, il “sentiment”, l’impressione generata nell’opinione pubblica, ora dalla crescita degli sbarchi, ora dalle morti in mare o sul lavoro.
Appena venti giorni fa il Governatore della Banca d’Italia Panetta aveva criticato un approccio così superficiale a un problema reale come quello dell’immigrazione, ricordando come ormai siano frequenti le richieste degli imprenditori di aumentare il numero delle regolarizzazioni e semplificare le procedure. Monito caduto nel vuoto, in piena campagna elettorale. Ma ora che un disgraziato che aveva perso un braccio in un incidente è stato lasciato morire dissanguato dal suo, chiamiamolo così, datore di lavoro, ecco il governo correre ai ripari, o almeno tentare di non perderci la faccia.
Al centro di tutto però resta l’incapacità di scrivere leggi che funzionino e che non siano fondate sull’emozione del momento, come, solo per ripetere un esempio, il “decreto Cutro”, che ha svelato i suoi limiti fin dal primo giorno di efficacia. O come, per farne un altro, la riforma delle autonomie differenziate, sulla quale già si annuncia il prossimo “passo di lato”, o una futura marcia indietro.