Per l’istituto Tecnè l’elettorato interessato a salario minimo e reddito di cittadinanza si sovrappone. Noto: “Nuovi temi per pescare altrove”
ROMA — Fratelli coltelli del centrosinistra, o del mondo progressista che dir si voglia: tra il Pd di Elly Schlein e il M5S di Giuseppe Conte i punti in comune non sono pochi, soprattutto su due temi forti delle rispettive proposte politiche come il salario minimo e la difesa del reddito di cittadinanza. Ed è anche per questo che in ballo ci sono 1,8 milioni di voti, di cui 1,2 di persone che si ritengono “classe media”.
Lo scorso giugno l’istituto di ricerca Tecnè ha cercato di capire quanto i rispettivi bacini elettorali corrispondessero. I risultati sono molto interessanti e indicano una grande sovrapposizione, che in parte spiega anche il continuo tentativo chePd e 5 Stelle fanno di differenziarsi, pur attorno a istanze simili. Intanto una premessa: oggi il Pd vale attorno al 20 per cento, che significa 5,3 milioni di voti. Il Movimento si attesta sul 15,5 per cento, cioè 4,1 milioni. Se si va a prendere il reddito di cittadinanza, 3,1 milioni di elettori sono “interscambiabili”; altri 3 sul salario minimo e solo 300 mila sulla guerra. E in effetti, al di là della partecipazione di entrambe le forze alla marcia per la pace di Roma di novembre 2022, le distanze sull’argomento non sembrano poche. Ma Tecné ha mappato anche le corrispondenze socio-economiche tra i due elettorati. Nella fascia alta di reddito — era un’autocollocazione di chi ha risposto alle domande — ci sono 200 mila elettori “in comune”, in quella media 1,2 milioni e in quella bassa 400 mila. Ecco che quindi esce fuori il totale di 1,8 milioni di persone. Il presidente di Tecné Carlo Buttaroni prova quindi a spiegareil significato di questi dati, in prospettiva: «Pd e 5 Stelle si dovrebbero differenziare ma su altri argomenti, cioè trovarsi una nuova issue per la fascia media o bassa», in modo insomma di non cannibalizzarsi a vicenda.
In questo senso anche Noto sondaggi ha fatto delle ricerche, fornendo altri dati a supporto. Rispetto a settembre, cioè alle scorse elezioni, Pd e M5S hanno più o meno gli stessi consensi in termini percentuali. «Se ci fermiamo davanti a questo diremmo che non è cambiato nulla — spiega Antonio Noto — in realtà non è così: andando a verificare come si compone il 20 per cento del Pd di Schlein, un quarto degli elettori che votarono quello di Letta non confermano più la propria preferenza. Però il Pd recupera quel 4-5 per cento perso in parte dal M5S (il 3-2,5 per cento, ndr ), in parte dall’Alleanza verdi sinistra e dall’astensione». Tradotto: è cambiato un pezzo di dna del Pd. Quel che il Movimento ha perduto verso i dem lo ha recuperato invece dalla vasta area dell’astensione. Ragiona Noto, concordando di fatto con Buttaroni: «C’è una parte di elettorato, che quantifico nel 6-7 per cento del Pd e nel 5-6 del M5S che potrebbe votare sia l’uno che l’altro. Una sorta di innamoramento reciproco per certi versi. Quindi a entrambi servirebbe trovare un tema nuovo per pescare altrove».
Ambiente, diritti civili, contrarietà all’autonomia differenziata, lavoro: programmi e sensibilità sono simili, forse solo sui costi della politica il M5S tenta di conservare — non sempre riuscendoci — un po’ di spirito originario. Questione marginale oggi. Da qui alle prossime elezioni europee i due partiti continueranno una competizione più o meno amichevole, ben sapendo che la strada obbligata per entrambi sarà poi quella di un’alleanza vera e propria. Ma definirne l’equilibrio è fondamentale per entrambi, per capire cioè chi sarà a guidare un nuovo fronte progressista. Lo stallo in semi- parità somiglia molto a quello che vissero Lega e Fratelli d’Italia nel periodo pandemico, quando entrambi presidiavano (e presidiano) un’area nazionalsovranista e con livelli di consenso simili, attorno al 20 per cento. Poi però l’effetto stanchezza dovuto alla sovraesposizione di Matteo Salvini, oltre che alla propria incoerente politica di lotta e di governo all’interno del governo Draghi, fecero prevalere la fiamma tricolore. Oggi a sinistra invece rimane una situazione di stallo, fatta di reciproca diffidenza e tentativi di entrambi di alzare la posta nella contrapposizione al governo; il tutto in un clima di formali buoni rapporti tra Schlein e Conte e gruppi parlamentari, con adesioni e partecipazioni alle manifestazioni organizzate quando da un partito quando dall’altro. Ma per crederci davvero serve ancora tempo.