L’appello del ministro dal Meeting di Rimini: “Con le vecchie regole da gennaio ci saranno effetti complessi”. E sull’allargamento dell’Europa a Ucraina e Balcani: “Non si fanno le nozze coi fichi secchi”
RIMINI — L’Italia rischia. Con plastico e coordinato segnale d’allerta, il governo Meloni guarda a Bruxelles e indica, dietro la curva dell’autunno, il possibile iceberg. Il suo nome? Patto di Stabilità. Leggi: il rigorismo da vecchia Europa, la mancanza di flessibilità, il ritorno del rapporto deficit/Pil al 3 per cento, regola che avrebbe arpionato tutti gli investimenti. Bersagli contro i quali — dopo la prima netta “sveglia” suonata dal titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, qui a Rimini, due giorni fa — si pronuncia ieri, sempre dalla kermesse di Comunione e Liberazione, anche il ministro Raffaele Fitto.
«Se non si trova un accordo sul nuovo modello di Patto, il rischio è che a gennaio tornino le vecchie regole e questo comporta un effetto molto complesso», mette in chiaro il titolare di Affari Europei, Pnrr e Politiche diCoesione.
Scelta che rivela una preoccupazione reale e delinea — in clima di pre-elezioni Europee — il nuovo pressing sull’Unione da cui muove l’esecutivo. Ma risponde anche, internamente, nelle ore del caso Vannacci, di Crosetto contestato a destra e del “tradimento” di Salvini, all’esigenza di silenziare divisioni e veleni che disturbano la premier. La consegna del silenzio è massima, non a caso. Non una parola arriva dai ministri Fitto e Roccella, a ridosso degli appuntamenti del Meeting, men che mai si ferma ai microfoni il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Mentre le posizioni di Giorgetti e Fitto, vicinissimi a Meloni, si presentano perfettamente coincidenti, nella “piazza” che anticipa la ripresa politica.
Scongiurare l’impatto. Occhio alle parole. «Si abbia il senso del tempo, altrimenti tutto si fa più autolesionistico e complicato», era stato l’avviso del titolare del Mef. Poi ecco Fitto che arriva sul palco e mette agli atti: «È giusta la preoccupazione espressa da Giorgetti su quello che potrebbe accadere in Europa», dice al fianco della vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno e dell’eurodeputato Massimiliano Salini di Fi. «Avevamo dimenticato il convitato di pietra: il Patto di stabilità, che sta per tornare». Ma con guerra, inflazione e interessi sul debito alle stelle sarebbe, ecco il senso, la mannaia irricevibile. «Se non si trova l’accordo» sul nuovo Patto, insiste il titolare degli Affari Europei, si rischia di tornare «alle vecchie regole: cosa che sarebbe molto complessa a livello di effetti». Fitto dà un alt anche all’allargamento dell’Europa: «Ucraina, Moldova, Georgia e Paesi dei Balcani? E la capacità finanziaria? Non si fanno le nozze coi fischi secchi». Poi, auspica che non si ripetano gli errori del passato: «Basta vedere l’aumento del debito pubblico, della spesa pubblica e purtroppo della spesa corrente, in questi anni, per comprendere quanto una situazione di drammatica crisi poteva forse essere utilizzata meglio rispetto agli investimenti e alle scelte che sono state fatte». Argomento già ampiamente affrontato, e in mano alla mediazione del commissario Ue Paolo Gentiloni, che solo qualche settimana fa aveva auspicato che si lavorasse, sul nuovo Patto, «tutti insieme nell’interesse comune » per consentire «riforme e investimenti, riducendo le pressioni sul debito pubblico in modo realistico, sostenibile».
Tema che continua a incrociare anche road map, ritardi e riconversioni del Pnrr. Ma Fitto, da Viareggio, poco dopo, rintuzza rilievi, non se li spiega. Sul Pnrr «mi sarei aspettato un ringraziamento ». Sostiene anzi: «Il governo sta riorganizzando e mettendo in ordine le questioni del Piano, con spirito costruttivo e in piena sintonia con la Commissione europea. Abbiamo lavorato seriamente per risolvere i problemi. L’Italia percepirà la terza e quarta rata entro questo anno, Si tratta di 35 miliardi». Eppure lì in fondo potrebbe esserci l’iceberg.