Da Mapplethorpe alla Brown Museo Novecento grandi mostre
12 Settembre 2023News
12 Settembre 2023
In questo settembre che sa di un prolungato agosto due inquietanti notizie hanno suscitato
preoccupazioni di vecchia data in chi ama gli elementi essenziali della storia e del presente di Siena.
Nel Museo dell’Opera Metropolitana si è avvertito puzzo di bruciato. Un esile filo di fumo si è
diffuso nella sala dove è allocata la Maestà di Duccio di Buoninsegna. Si è scoperto rapidamente
che proveniva da una scintilla generatasi nel macchinario che è installato, ben lontano dal
capolavoro duccesco, per diffondere l’aria condizionata necessaria alla corretta conservazione della
grande opera d’arte, certamente una delle tavole più importanti della pittura italiana. Immediata è
stata l’evacuazione della cinquantina di visitatori presenti e le attente verifiche fatte hanno sedato le
preoccupazioni insorte. E’ restato nell’aria solo il cattivo odore che ha consigliato comunque una
chiusura temporanea. Il piano di sicurezza ha funzionato perfettamente e l’attivissimo presidente
Giovanni Minnucci ed i suoi collaboratori si sono messi l’animo in pace. Ma l’episodio, anche se
indirettamente, evidenzia l’annoso problema dello spazio del tutto inadeguato che ospita la Maestà,
troppo stretto per consentire una giusta visibilità e, direi, il respiro stesso di un lavoro che dovrebbe
essere percepito con la dovuta distanza e da un’ottica che ne colga lentamente la stupenda scansione
narrativa. Ho sempre in mente la meraviglia che suscitò in me ragazzo la visione in Duomo del
capolavoro di Duccio, che ritornava in patria dopo il restauro, voluto e diretto da Cesare Brandi,
presso l’Istituto Centrale di Roma. Quella breve sosta in Cattedrale, che lo riportava all’antica
allocazione, gli conferiva una sacralità che era anch’essa un atto di restauro. Da lì fu
inevitabilmente trasportata nel Museo dell’Opera dove ora si trova. Il fatto è che la grandiosa
struttura dell’ancona ha avuto senz’altro una gestione accuratissima ma ignorando l’angustia
impropria in cui veniva confinata. L’esigenza di modificare sostanzialmente l’articolazione delle
sale del Museo non è stata soddisfatta perché non si è riusciti a condurre in porto l’obiettivo di un
razionale ampliamento attraverso l’acquisizione dei locali dell’ex Istituto Monna Agnese.
Sopravvive la speranza che questa finalità prima o poi – non sto a soffermarmi su aspetti giuridici o
proprietari – si verifichi, ma sembra proprio che gli ostacoli siano insormontabili. E’ incredibile che
non si sia concretizzata una decisione generosa, lungimirante e di enorme valore per modernizzare
un Museo troppo affollato e malmesso. Personalmente continuo a sperare che prima o poi avvenga
il miracolo. Si sa, ad esempio che, nell’intenso programma messo a punto dall’attuale consiglio di
amministrazione, sono all’ordine del giorno una serie di interventi nell’ex oratorio di San
Giovannino e Gennaro. Non mancheranno sorprese e chissà se finalmente la Maestà di Duccio non
potrebbe disporre di uno spazio migliore di quello attuale, non solo dal punto di vista quantitativo.
Ma lasciamo stare ipotesi tutte da sottoporre a verifica e all’autonoma valutazione di un organismo
che dimostra una crescente vitalità.
La seconda notizia è di altro genere e alcuni riterranno assurdo accostarla al tema sopra sintetizzato.
Sono tra i senesi che vivono il Palio come una dimensione fondante della mobile e plurale identità
della città. Si viene a sapere che al Ministero della Salute è convocata, per il 12 settembre, una
nutrita delegazione tecnico amministrativa – non so se insieme ad altre – capeggiata dal sindaco
Nicoletta Fabio. Viene riproposta in primo piano la questione della protezione degli animali, in
particolare dei cavalli, nelle giostre e nelle cosiddette rievocazioni storiche così numerose in Italia.
Si sta pensando ad una revisione del protocollo Martini che stabilisce regole e criteri per assicurare
misure più incisive a difesa degli animali. E’ amaro constatare come sia nocivo aver inserito il Palio
nell’elenco confuso di manifestazioni che per lo più hanno scopi di carattere puramente turistico.
Occorre avere rispetto per le tradizioni che esibiscono una loro autenticità, ma è imperativo
distinguere il grano dal loglio e non confondere tutto in una volgare zizzania. Purtroppo, in alcuni
organi di stampa si legge che il primo imputato è proprio il Palio di Siena in quanto “capofila” o
modello cui ispirarsi. Ecco il danno provocato da chi assimila il rito senese omologandolo ad un
evento agonistico al pari di ogni altro e ignorando la continuità storica che può vantare, ben lungi
dai caratteri di una posticcia rievocazione. Mentre si è fatto molto – non so se sufficiente, perché
non sono un tecnico della materia – in tema di sicurezza e selezione dei cavalli, si è tollerato o
perfino incentivato che il Palio diventasse, nell’opinione corrente, il culmine di una serialità di
corse e corsette dette palii, con la conseguenza di creare un sistema ippico industriale, non esente da
disinvolte speculazioni, che finisce per ledere o offuscare l’unicità eccezionale della nostra festa.
Non sto a sottolineare i danni provocati da una mediatizzazione eccessiva e da una
spettacolarizzazione che esalta l’agonismo della carriera a prescindere dal contesto culturale che lo
sottende. Negli ultimi tempi si sono registrati gravi incidenti a catena in giro per l’Italia. Nella
Quintana di Ascoli del 6 agosto è stato abbattuto il purosangue Look Amazing. A Foligno, durante
le prove, è morta una cavalla sul colpo e il cavaliere se l’è vista molto brutta. Qualche tempo fa nel
palio di Legnano si dovette sopprimere un cavallo. Problemi analoghi si sono presentati anche nel
palio del Niballo di Faenza che si gloria di essere alla sessantaseiesima (!) edizione. Il recentissimo
palio di Castel del Piano, ha visto solo tre protagonisti nella sua cinquantasettesima edizione perché
alla vigilia Astoriux si è orrendamente rovinato in una pista della quale è meglio tacere. E’ da
questo panorama che derivano nuove proteste e nascono ulteriori preoccupazioni. Con sconcertante
franchezza il sindaco di Asti Maurizio Rasero ha sostenuto che occorre reintrodurre i purosangue
per sostenere fattivamente le scuderie della provincia. Si è anche lamentato che il previsto richiamo
turistico si sia molto indebolito, non nascondendosi dietro divagazioni retoriche. La fase dunque che
il Palio di Siena si trova ad affrontare è irta di difficoltà. Da qui dovrebbe partire un discorso sereno
e documentabilissimo. E’ giusto approfondire scientificamente la questione protezione, anche se
fattori di rischio saranno inevitabili. Ma soprattutto, per quanto ci riguarda, è importante contrastare
il sistema che si è venuto a creare attorno al Palio e lo ha immerso in una catena di interessi che non
hanno niente a che vedere con la passione delle contrade e con il loro forte radicamento sociale.
Immaginare ritorni all’indietro e ai moduli di una giostra settecentesca è impensabile. Ma nella
gestione della carriera sono possibili accorgimenti – penso al ruolo della rincorsa ad esempio – e
ponderate revisioni che la svincolino da improprie manovre e intromissioni che ne snaturano l’incomparabile autonomia spirituale.
Roberto Barzanti
9 settembre 2023