Il testo del patto – 15 pagine per 20 articoli – è stato pubblicato solo ieri sul sito del governo italiano ed è frutto del lavoro della presidenza del Consiglio: le trattative sono state portate avanti interamente dal consigliere diplomatico di Meloni, Fabrizio Saggio, tagliando fuori il ministero degli Esteri di Antonio Tajani. In molti punti il testo è quasi identico agli accordi firmati nelle ultime settimane da Francia, Germania, Gran Bretagna e Canada.
L’accordo è formato da otto parti, oltre a un preambolo iniziale in cui si ribadisce la condanna dell’invasione Russa del 24 febbraio 2022. L’accordo è decennale e, come ha spiegato Tajani in commissione Esteri, non sarà giuridicamente vincolante: quindi non passerà dal Parlamento per la ratifica.
Il primo articolo si concentra sulla cooperazione nell’ambito della Difesa e prevede una specificità rispetto agli accordi degli altri Paesi: l’Italia non comunica quante e quali tipologia di armi ha mandato finora, quanto ha speso e quanto ha intenzione di spendere anche per rimpiazzare equipaggiamenti e munizioni tolti alla nostra Difesa. Il comma 6 si limita a specificare che l’Italia ha inviato “8 pacchetti di armi all’Ucraina nel 2022 e nel 2023” e intende “mantenere lo stesso livello di supporto nel 2024”. Quale? Non è chiaro: questo sarà “determinato nel dettaglio attraverso le consultazioni tra i partecipanti e tenendo conto delle esigenze dell’Ucraina”. Un’assenza di trasparenza rispetto agli accordi firmati dagli altri governi: in quello tedesco, per fare solo un esempio, vengono specificate le tipologie di armi inviate e i soldi stanziati finora: circa 16 miliardi tra il 2022 e il 2024. Nell’accordo sono quantificati solo i fondi spesi extra armi, circa 2 miliardi: 110 milioni per il sostegno al bilancio, 200 per prestiti agevolati, 100 milioni per gli aiuti umanitari, 820 per il sostegno ai rifugiati ucraini in Italia, 400 per il sostegno macro finanziario, 213 per sostegno allo sviluppo, 200 per la sostenibilità energetica. Un funzionario di governo fa sapere che non era possibile indicare fondi e tipologia di armi perché l’Italia secreta gli aiuti.
L’articolo 4 si concentra sull’addestramento e le esercitazioni dell’esercito ucraino. Oltre alla missione europea EUMAM, si prevede anche una postilla ulteriore: la possibilità che l’esercito italiano possa condurre esercitazioni combinate “in Italia e in Ucraina” per “supportare il processo di standardizzazione e interoperabilità” dell’esercito ucraino. Diversamente da quel che avviene oggi, l’esercito di Roma potrà addestrare e fare esercitazioni in territorio ucraino “appena la situazione lo permetterà”.
La parte sulle “future aggressioni” però è quella più discussa. Come l’accordo firmato con gli altri Paesi, si specifica che in caso di nuovo attacco armato della Russia all’Ucraina da qui ai prossimi dieci anni, Italia e Ucraina “si consulteranno entro 24 ore per determinare le misure e le opportune misure successive necessarie per contrastare o contenere l’aggressione”. Roma si impegna a fornire aiuto nel campo della “sicurezza e difesa, industria della difesa, sviluppo militare ed economico”. Una sorta di obbligo che ricorda l’articolo 5 della Nato secondo cui tutti i Paesi devono intervenire in difesa di uno dei membri, se attaccato. L’accordo contiene anche un impegno economico: l’industria della Difesa interagirà con quella Ucraina “per sostenerla nel ripristino della produzione nazionale di attrezzature, materiali e munizioni”. Roma vuole inserirsi anche nella ricostruzione: nel 2025 ospiterà la Conferenza internazionale.