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25 Aprile 2023
Uno studio calcola l’impatto economicoPer ogni milione un ritorno di 2,4 Gli effetti positivi delle attività di base«Inclusione, salute, scambi culturali»Il presidente Aics: più sostegno agli enti
Lo sport raddoppia il valore
di Giulio Sensi
Senza lo sport la vita di Alessandro Mei, 54 anni di Terni, sarebbe stata molto diversa. «Si sarebbe fermata tre anni fa – precisa – quando ho avuto un attacco di cuore mentre pedalavo in sella alla mia bici da corsa. Dal momento dell’infarto all’arrivo dei soccorsi sono passati 25 minuti. Ho subito due interventi chirurgici e il dottore che mi ha operato non ha avuto dubbi: sarei morto se il mio cuore non fosse stato allenato. Il 95% delle persone non sopravvive a questo tipo di infarti».
Mei fa parte dell’Associazione sportiva dilettantistica (Asd) Il Salice, affiliata all’Aics, una delle principali sigle nazionali che promuovono la pratica di base. «Ma lo sport associato – prosegue Mei- non ha salvato solo me . Senza l’associazione, mia figlia Marta avrebbe una vita molto diversa e sarebbe differente anche quella dei suoi compagni dello sci di fondo». Marta ha 24 anni e la sindrome di Down. Lo sport è la sua grande passione da quando ne aveva 10. «Partecipa a Special Olympics – aggiunge Mei – e ora ha scoperto anche la palestra, fa balli di gruppo e non ha mai avuto problemi di socializzazione. Da questa esperienza ho capito che lo sport non è solo benessere fisico, ma anche, e forse soprattutto, inclusione: i suoi amici hanno capito cosa significa vivere con disabilità e conoscere Marta li ha resi più consapevoli e preparati».
La storia di Alessandro racconta come i benefici della pratica sportiva per la comunità, e non solo per l’individuo, siano molti anche in termini di inclusione. Aggiunge Matteo Ghibelli, assegnista di ricerca all’Università degli Studi Milano Bicocca: «E sono anche misurabili. Abbiamo provato a farlo con risultati importanti». Ghibelli ha coordinato lo studio del progetto di ricerca «Riunisci – Valutare l’impatto sociale dello sport di base», finanziato da Sport e Salute e promosso da Aics (che ha coordinato il gruppo di lavoro), Acsi, Csen e Libertas. «Abbiamo dimostrato – spiega Ghibelli – come per un milione di euro investito nella promozione, se ne producano quasi 2 e mezzo di ritorno economico-sociale. Vale infatti 2,42 l’indice “Sroi”, ossia di ritorno sociale degli investimenti, degli enti in Italia». «Siamo partiti dall’assunto – aggiunge Ghibelli – che lo sport di base e le attività di animazione sociale collegate aumentino l’integrazione sociale e quindi anche lo scambio culturale». La ricerca ha indagato il fenomeno somministrando più di 6.000 questionari ad atlete e atleti, allenatori e famiglie in tutta Italia. Undici gli effetti positivi valutati e cinque in particolare sono andati ad osservare aspetti collegabili a valori economico-finanziari: l’aumento della consapevolezza sull’uguaglianza di genere, il miglioramento della salute e l’adozione di uno stile di vita più sano, l’incremento delle competenze trasversali (le soft skills), la crescita della consapevolezza dei bisogni dei disabili e delle categorie vulnerabili e, infine, quello dello scambio interculturale.
Il metodo
Somministrati oltre 6000 questionari ad atleti
e atlete, allenatori
e famiglie in tutta Italia
«A tali effetti – spiega Ghibelli – è stata associata una componente economico-finanziaria, considerando, ad esempio, i costi stimati per i corsi di educazione alla differenza di genere, oppure di una visita medica o per una dieta personalizzata e l’esercizio fisico, o ancora per la psicoterapia o la formazione sulle abilità sociali, sulla consapevolezza della disabilità. Ogni euro di budget per le attività, la comunità ne riceve 2,42 in termini di valore sociale generato. Ed è una stima prudente, che tiene conto di tutta una serie di processi di mitigazione. Questo vale in particolare per la parte relativa alla salute che possiamo stimare molto più alta, ma alcune proxy non hanno uno standard utilizzabile e allora abbiamo usato più cautela, considerando anche che il focus della ricerca era l’aumento dell’inclusione sociale».
Non ci sono sport migliori o peggiori e un ambiente sano contribuisce a generare cambiamenti sociali che distribuiscono ricchezza a tutti. Questo è particolarmente evidente per le competenze trasversali assunte e utilizzabili, dai giovani e non solo, anche per affermarsi nel mercato del lavoro. «Volevamo capire – spiega il presidente nazionale di Aics Bruno Molea – quanta utilità sociale producesse lo sport di base in aggiunta a quella fisica. Una piccolissima percentuale di persone diventa un professionista o un campione, ma fare attività di squadra rende meno isolati, fa sentire parte di un gruppo, di una comunità, e soprattutto nei quartieri periferici delle grandi città tiene lontani dalle forme di devianza e dalla criminalità. I benefici valgono per i giovani e anche per i meno giovani. I soldi spesi per lo sport di base – conclude Molea – non sono buttati. Gli enti devono essere più sostenuti e noi stessi dobbiamo investire le nostre energie per favorire l’inclusione sociale».