ROMA — L’ultimo rapporto Ocse, “Education at a Glance 2024”, mette a confronto gli stipendi degli insegnanti dei diversi Paesi membri dell’organizzazione che raduna i più sviluppati sul piano industriale. E constata come l’Italia sia ancora una volta in fondo alle classifiche in diverse voci. Siamo i penultimi, peggio di noi solo la Grecia, per l’aumento dei salari degli insegnanti di media inferiore (periodo 2015-2023): l’inflazione ha eroso i contratti siglati in quella stagione che ha alternato governi di centrosinistra, di destra-Cinque Stelle, di sinistra-Cinque Stelle e di unità nazionale trasformando gli aumenti in un potere d’acquisto finale negativo: meno 5 per cento. Ancora, siamo i quintultimi nel salario 2023, sia in partenza che a fine carriera.
La crescita media degli insegnanti dell’area più produttiva del mondo in otto anni è stata pari al 28 per cento, esclusa l’inflazione. Un 4-5 per cento su un piano reale. La Lituania ha fatto crescere i salari scolastici, al netto dell’inflazione, del 70 per cento, la Repubblica Ceca del 15. L’Italia li ha visti arretrare del 5 per cento, insieme a Giappone, Finlandia e Irlanda. La Grecia addirittura del 9.
La Gilda degli insegnanti, partendo da questo dato, ha fatto notare come l’aumento di cui si sta discutendo per il contratto italiano del triennio 2022-2024 è basato su una crescita prevista del 5,8 per cento lordo, «molto lontano dalle medie estere». Ecco, «l’incremento stipendiale è caduto in undici Paesi dell’Ocse», dice il rapporto. Tra questi,in Italia in modo rovinoso.
La Flc Cgil pone l’accento, a proposito del lungo report, sulla scarsa attenzione alla qualità della scuola italiana, «da anni privata delle ore di laboratorio, di compresenze e di personale docente e Ata». L’Ocse sostiene, infatti, che il nostro Paese è sotto la media per quanto riguarda la spesa pubblica per l’istruzione: investiamo il 4 per cento del Prodotto interno lordo rispetto al 4,9 dei Paesi a sviluppo industriale avanzato.
Non tutte le voci indicano nostri ritardi o deficit nel campo dell’istruzione. I docenti sono nella media rispetto al numero di ore dedicate alla scuola, ma l’Italia è quintultima per trasferimento di denaro pubblico per l’istruzione primaria.
Gli stipendioni dei presidi
Il nostro Paese è quarto, tuttavia, per gli stipendi dei dirigenti scolastici, glischool heads . Il dato rinfocolerà la contrapposizione insegnanti- presidi diventata forte a partire dalla Buona scuola renziana.Senza diploma 20% dei giovani
Un quinto dei giovani italiani fra i 25 e i 34 anni non completa il ciclo di istruzione secondaria di secondo grado (la media Ocse è, invece,al 14 per cento). Solo il 57 per cento dei 25-34enni senza diploma trova lavoro, a fronte del 69 per cento dei maturati. Inoltre, il 27 per cento della popolazione non diplomata guadagna la metà del reddito medio.
Va detto che la percentuale di non diplomati dal 2016 è diminuita di 6 punti percentuali e la quota media dei giovani tra i 20 e i 24 anni che non hanno un lavoro, né frequentano un corso di istruzione formazione, è scesa dal 32 per cento al 21 tra il 2016 e il 2023.
Laureate meno pagate
L’Ocse conferma che in Italia il 37 per cento dei figli di genitori non diplomati non si diploma, quando il 69 per cento dei figli con almeno un genitore laureato consegue il titolo.
Le giovani donne con una laurea guadagnano in media il 58 per cento in meno del salario dei coetanei maschi, realtà che rappresenta il più grande divario retributivo di genere nell’area Ocse. La lunga politica dei disinvestimenti sull’istruzione del Paese ha prodotto, poi, un 53 per cento di docenti over 50.
Nel question time al Senato, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha allontanato dal suo governo le responsabilità dei sottostipendi: «Invalsi mi ha confermato che i dati arrivano al 2022 e non comprendono gli aumenti fatti dal nostro esecutivo con il contratto 2019-2021».
— c.z.