r i t r a t t i d i d o n n a
La bisnipote Hannah racconta la vita avventurosa e anticonformista di Nica Rothschild, tutta dedicata alla musica. E al talento unico di Thelonius Monk
di Susanna Nirenstein
C’è stata una Rothschild ribelle, Pannonica ( così chiamata dal nome di una falena, insetto di cui suo padre banchiere, appassionato entomologo, aveva studiato e collezionato migliaia di esemplari), da tutti detta Nica, nata nel 1913 a Londra: trascorsa l’infanzia nel mondo dorato della famiglia, dopo aver sposato, secondo tradizione, il barone francese ed ebreo come lei Jules de Koenigwarter – che seguì clandestinamente anche nella guerra contro la Germania, nell’esercito della Francia Libera ( lo stesso di Saint-Exupéry), pilotando aerei, decriptando radio nemiche; dopo aver avuto ben 5 figli, frequentato magnati, reali, intellettuali, politici ( compreso Churchill), Nica voltò definitivamente le spalle alla vita ordinata e sublime passata in gran parte tra ville faraoniche.
Il suo obiettivo divenne New York e il mondo notturno, caotico, esaltante, alcolico del jazz in cui si immerse dal 1951 al 1988 quando morì, un universo virtuoso e matto che l’accolse e la coccolò come lei coccolava i suoi idoli fornendogli qualsiasi aiuto, cura, denaro, avvocati, ospitalità di cui avessero bisogno. Come un angelo custode. Viveva in alberghi o case in disordine, circondata da decine di gatti ( fino a 300, pare), ma aveva mantenuto tre tic miliardari ( oltre alle spalle sempre coperte dalla famiglia): la Rolls Royce bianca ( poi una Bentley), la pelliccia di leopardo e la collana a tre fili di perle che indossava sempre.
Il voltafaccia, come ci racconta la bisnipote Hannah Rothschild neLa baronessa (Neri Pozza), un libro avvincente e divertente, avvenne con una rivelazione, una “ chiamata” come la descriveva lei. Già educata dal padre Charles e dal fratello Victor ad assaporare il ritmo della nuova musica di Gershwin e Armstrong, fu stregata dall’irruzione del bebop, una musica che diceva « non me ne frega niente delle convenzioni. Sarò me stessa senzaalcun compromesso » : Nica decise che voleva appartenere al luogo e alle persone che producevano quelle note. Immergersi nel lampo così descritto da Quincy Jones: « Il nostro jazz ha la capacità di trasformare l’oscurità in luce».
Il colpo di fulmine fu ‘Round Midnight di Thelonious Monk: dopo averla ascoltato per venti volte di seguito, decise che doveva conoscere quell’uomo alto quasi due metri e vivere nei suoi dintorni, essere la sua ombra, o la sua musa. E così fece. Nonostante ci fosse una moglie, Nellie, che fino ad allora l’aveva mantenuto facendo umili lavori. Lui tra l’altro in quel momento non era affatto una stella. Se Miles Davis brillava, Monk era visto come un genio misterioso, ma non sfondava: si considerava, ed era considerato, un grandissimo, il maestro di tutti, ma passava il tempo senza un dollaro in tasca, spesso steso a guardare il soffitto, senza nemmeno la cabaret card che gli avrebbe permesso di suonare nei locali perché l’avevano beccato con dell’eroina in tasca.
Comunque Nica e Nellie trovarono un modo. Perché Nica aiutava la coppia, era evidente. Non si sa nemmeno bene se Nica e Monk sianostati amanti, ma dal racconto sembra proprio di sì, anche se la bisnipote Hannah cerca di non fare della prozia una groupie pronta a condividere il letto con tutti i vari musicisti che amava e che frequentava passando le notti nei club sulla 52esima. Dove arrivavano anche i vari Burroughs, Ginsberg e Kerouac, o magari Pollock e Frank Stella, e si ascoltava Charlie Parker piuttosto che Dizzie Gillespie.
Una rivoluzione nello stile di vita, che ora iniziava al cadere della notte e aveva gergo e abitudini diversissimi da quelli delle magioni Rothschild. Il suo sole era Monk, gli fu sempre accanto, gli fece riavere la card, lo accompagnò dovunque, si fece arrestare al posto suo per della droga trovata in macchina, lo prese in casa negli ultimi anni, e del resto nella sua stanza d’albergo morì anche Charlie Parker. Ma fu un caso, loro non erano così intimi, solo che dalla Baronessa i musicisti potevano sempre rifugiarsi.
Questa, molto brevemente, è la parte jazzistica dell’esistenza di Pannonica, che per il jazz rinunciò anche alla custodia dei figli ( però la maggiore a 16 anni andò a vivere da lei). Ma il libro è molto generoso anche nel narrarci della casata dei Rothschild, che troviamo nel XVIII secolo dentro un piccolo appartamento nel ghetto di Francoforte, con il capostipite che dal piccolo prestito, una volta distrutti i muri del quartiere dal fuoco francese, riesce a crescere e a stabilire che per creare una solida impresa ha bisogno di una squadra fidata: niente di meglio dei suoi 5 figli maschi che spedisce nelle capitali d’Europa. Mossa che gli varrà la costruzione del famoso impero finanziario. Gran storia, incredibile. Hannah Rothschild non tralascia nemmeno l’antisemitismo che li circondò, né tantomeno i tempi della persecuzione e della guerra: i suoi avi combatterono in prima fila, e durante il nazismo a volte morirono nei peggiori lager del Reich.