Thompson Twins – The Gap
4 Luglio 2023I musei senesi al di là di ciò che appare
4 Luglio 2023Se durante la diretta della Sette Siena viene definita un borgo, se parlando della messa del fantino si accenna all’elemento folcloristico che si unisce a quello religioso, se si sbagliano gli accenti sui personaggi storici della città, abbiamo un problema. Già Pierluigi Pardo ha fatto lo sforzo di comprendere che il Palio non è una gara, ma alcuni scivoloni sono evidenti. Sorge un dubbio: cosa comunichiamo al resto del mondo, sul Palio, al di là di qualche comprensibile errore del “bravo presentatore”? Davvero la superficialità dello strumento televisivo si ritiene adeguata a trasmettere la complessità della festa e della secolare storia della città? Se a questo si aggiunge il protagonismo dei fantini, passati dal ruolo di comprimari a quello di padroni di una “corsa”, ecco che il problema si raddoppia. Un documentario sul Palio di pochi anni fa, raccontato attraverso Tittia e i suoi colleghi, è stato illuminante su una situazione mutata: se vince il migliore, il più fortunato, l’unico ad essere rimasto nel vuoto venutosi a creare, se l’aspetto competitivo, mediatico e commerciale si uniscono, si determina una manifestazione diversa dal Palio: a questo punto Pardo avrebbe ragione a definirlo “gara”. Va bene, la tradizione secolare del Palio non è mai stata immobile e sarebbe un’illusione rinchiuderla dentro il recinto di un medioevo ricostruito. Eppure certi valori vanno – se non tutelati – almeno commisurati al meglio alle mutate condizioni sociali ed economiche, alle nuove sensibilità sulla comunicazione. Sicuramente, non vanno svenduti per un piatto di lenticchie o per una vittoria a tutti i costi. Non mancano le istituzioni e le forme pensate per una “resistenza” alla spettacolarizzazione o all’uso strumentale del Palio (ad esempio, nella pubblicità), ed esiste il divieto per alfieri e tamburini di esibirsi fuori dal contesto cittadino. Il controllo sulle riprese della corsa è un altro utile strumento ma anche qui, è bastato che entrasse nella telecamera la caduta del fantino dell’Onda che subito, sui social, la Sette ha enfatizzato il “drammatico” accadimento, sottolineandone la pericolosità attraverso i frame in bella evidenza. Se ci si piega alle logiche della “normale” comunicazione, ciò che è stato considerato come elemento peculiare, come valore “identitario” del Palio, scompare a vantaggio di altri elementi superficiali. Analogamente, se i dirigenti abdicano al proprio ruolo, ecco che i fantini diventano i nuovi protagonisti di una competizione del migliore contro tutti. Restare immobili, pensando che comunque “Siena trionfa immortale” sarebbe un madornale errore. Vanno ripensati gli strumenti di comunicazione, a partire dalle modalità di una diretta che ormai è la stanca ripetizione di sé stessa. Se Pif dichiara che gli italiani conoscono poco del Palio (e poco anche della città e del suo territorio, salvo qualche stereotipo, potremo aggiungere), un po’ di autocritica non guasterebbe. Al turista superficiale e agli animalisti abbiamo opposto strumenti che sono fermi agli anni Novanta. Nei negozi di souvenir, nelle edicole e nelle librerie le “guide” e i volumi più significativi sul Palio sono relative a quel periodo. L’uso della tv identico all’epoca di Frajese conferma un “congelamento” della comunicazione in un’altra epoca. Eppure, siamo nell’era di Instagram e Youtube, delle dirette in streaming. Serviva un belga per ideare una app sul Palio e un sito, www.palio.be? Se perfino all’estero si adoperano per contribuire a fornire un’informazione meno superficiale, evidentemente c’è un vuoto di idee e contenuti da colmare, accanto a un rinnovato ruolo delle Contrade e delle relative dirigenze.