Intervista alla scrittrice
Edith Bruck
Edith Bruck non ci gira intorno: «La reazione del ministro dell’Istruzione alla lettera della preside Annalisa Savino è scandalosa. Valditara dovrebbe dimettersi. Subito». Mentre crescono le polemiche e gli studenti tornano a protestare, la scrittrice che ha vissuto sulla pelle gli orrori della Shoah, raccontati in libri comeIl pane perduto (La nave di Teseo),si dice preoccupata per il clima di odio che sta montando: «Mi sembra il segno che gli ideali antifascisti per i quali abbiamo lottato si stanno indebolendo. Sono dalla parte della preside, condivido ogni parola della sua lettera. Ricordiamoci, sono proprio le scuole i luoghi deputati all’educazione democratica».
Che idea si è fatta di questa storia?
«Mi pare che si stia prendendo sotto gamba quello che è accaduto. Come se fosse una bravata da ragazzacci che non merita attenzione. E invece va detto che è una cosa grave. Ho l’impressione che questi giovani si siano sentiti liberi di agire sapendo di rimanere impuniti. Il fatto che ci sia un governo di destra li fa sentire protetti».
Con quali conseguenze?
«Che violenza chiami violenza, che si crei un effetto domino, un contagio per imitazione e i gruppetti diventino massa. E la massa, lo sappiamo, non pensa, applaude semmai. A pensarci mi viene la pelle d’oca. Ogni tipo di copertura a tali azioni è molto pericolosa».
La lettera della preside è stata bruciata. Sono azioni che si portano dietro brutti fantasmi del passato?
«Siamo al limite delle minacce.
Simbolicamente si dà fuoco alle sue parole ma è come se bruciassero la persona che le ha scritte».
Anche Valditara ha subito minacce sui social.
«Non doveva accadere. Alle minacce non si risponde con le minacce».
Il messaggio agli studenti inizia richiamando le violenze di strada delle prime azioni fasciste.
«Bisogna stare in guardia, viviamoun’epoca di grande confusione, di sbandamento. La democrazia non è mai stata così fragile, soprattutto oggi nel nostro paese. Senza contare che in Europa, dall’Ungheria alla Polonia, soffia un brutto vento di destra».
L’antifascismo è a fondamento della nostra repubblica democratica, ci sono leggi a garantirlo. Che fine hanno fatto i nostri ideali?
«Non bisognerebbe permettere nessun tipo di manifestazione fascista, lo dice la Costituzione. E invece ne stiamo vedendo diverse.
Abbiamo visto la croce uncinata sul braccio del capogruppo di Forza Italia, in quelle vecchie foto dell’ex An con la svastica. Abbiamo visto marce a Predappio con il saluto fascista. Abbiamo visto dare cittadinanze onorarie a Mussolini e tante altre cose. Tutte cose da non minimizzare. Viviamo un’epoca di eccessiva leggerezza. Per questo sottoscrivo senza esitazioni la lettera della dirigente scolastica».
Da Enrico Letta al sindaco di Firenze Nardella, da Elly Schlein a Stefano Bonaccini, tutta la sinistra è compatta nel sostenere Annalisa Savino. Come giudica il fatto che il ministro parli invece di possibili misure disciplinari nei suoiconfronti?
«Una follia».
Le è piaciuta la nota citazione di Gramsci contro l’indifferenza con la quale Savino stimola gli studenti?
«L’indifferenza è la peste del mondo. Essere indifferenti significa girare la testa dall’altra parte, essere già morti. Questo torpore diffuso mi pare il risultato dell’incertezza e del disfacimento della politica, di un sentimento diffuso di sfiducia. In questo ha le sue responsabilità anche il Partito Democratico. La sinistra parla con una voce debole, poco motivata. Sembra demoralizzata, un po’ depressa. E invece se vuoi convincere devi prima di tutto credere in quello che dici. Il Pd dovrebbe tornare nelle periferie, imparare di nuovo a parlare con il popolo invece di stare tra i signori in giacca e cravatta al centro delle città. Dovrebbe tornare a sudare, a stare tra gli ultimi».
A suo parere la crisi economica causata dal post-pandemia e dalla guerra in Ucraina, può innescare risposte reazionarie?
«Guardi che cosa è successo dopo Weimar. Le persone che soffrono hanno bisogno di credere in qualcosa, cercano certezze, risposte forti. Hanno bisogno di sentirsi rassicurate, sono disposte ad affidarsi anche alle bugie pur di avere una consolazione, una speranza. Le scuole hanno un ruolo enorme, per questo continuo a frequentarle da 62 anni. Oggi ne ho quasi 92 e non mi stanco di parlare ai ragazzi. Insegnare ai giovani i valori dell’antifascismo è fondamentale, purtroppo si fa troppo poco, la storia spesso si insegna poco e male».
L’astensionismo crescente è anche il frutto di un indebolimento della memoria storica?
«Sono sempre più convinta che il mondo sia diventato più egoista.
Anche dentro le famiglie si comunica sempre meno. Vado nelle scuole per parlare, per non fare morire del tutto la speranza, per scuotere i giovani dall’apatia. La rabbia è anche un modo sbagliato per dire “io esisto”».