di Carlo Sorrentino
Sono particolarmente preoccupanti il silenzio della premier e le troppo caute e generiche dichiarazioni dei vertici nazionali e locali di Fratelli d’Italia sul pestaggio dei due studenti del Miche. Eppure, sarebbe bastato pochissimo per prendere nettamente le distanze dagli aggressori.
Il racconto caro alla premier dell’underdog che ce l’ha fatta ha un suo fascino e una sua fondatezza; tuttavia, se reiterata, la retorica della perdente che sfida tutti, del “calimero” che si affranca, può essere fraintesa, soprattutto dai più giovani, che tendono a viverla come il momento del riscatto, della vendetta rispetto a una supposta quanto odiosa sottomissione che troppo a lungo li ha oppressi, per cui ora — con il vento in poppa del riconoscimento dato dal voto — possono fare di tutto. Per un partito e una leadership che hanno voglia di legittimarsi come rappresentanti di una politica di governo capace di durare nel tempo è davvero incomprensibile e intollerabile ogni ambiguità.
Soprattutto, se coinvolge i più giovani, per i quali fascismo o antifascismo vogliono dire sempre meno. Ce ne possiamo rammaricare, ma bisogna prenderne atto. Una causa di tale offuscamento è l’ineludibile perdita di una memoria privata, intima, familiare. Ormai, le ragazze e i ragazzi non hanno nemmeno più i nonni che possono ricordare e raccontare.
Eppure, come ci ricorda il sociologo Jedlowski, i racconti sono palestre dell’ammaestramento alla vita, che posseggono una particolare forza per trasformarsi in memoria comune quando ravvivati dall’empatia e dall’affetto propri delle storie narrate dai nostri cari.
Se viene meno tutto questo, bisogna sopperire con una memoria pubblica, che non deve diventare nostalgica commemorazione, come giustamente sottolineato di recente da Liliana Segre.
In tal senso c’è da salutare molto positivamente la netta risposta della città e le manifestazioni convocate per respingere questa violenza. Speriamo che siano occasioni colte da tutti per iniziare a elaborare insieme elementi significativi della nostra storia e identità; unica via per costruire una memoria collettiva.Sarebbe particolarmente opportuno che a questo processo partecipassero quanti lamentano anacronistiche accuse di post-fasicmo, ricordando come ci si riferisca a un passato che non hanno nemmeno vissuto.
Tuttavia, per rendere più credibili tali rimostranze servirebbe che Giorgia Meloni, Giovanni Donzelli e molti esponenti dell’attuale partito di maggioranza le facessero seguire da condotte conseguenti: non una generica e scontata condanna di ogni violenza, ma una censura chiara e inequivocabile di quanto fatto dagli esponenti di Azione Studentesca l’altro giorno a Firenze. Sarebbe un ottimo modo per scoraggiare parole d’ordine e atteggiamenti che troppe volte si rifanno proprio a quel passato.