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Filosofo, matematico ed epistemologo, Jean-Jacques Szczeciniarz (si pronuncia zesiniàr) sarà ospite del Festival delle Scienze di Roma il 22 aprile. Attualmente è professore emerito presso l’Université Paris 7 Diderot, già direttore del dipartimento d’Histoire et Philosophie des Sciences fino al 2018. Nel campo della matematica ha lavorato soprattutto sulla geometria complessa e algebrica; in fisica si è occupato dell’opera del premio Nobel Roger Penrose, mentre in filosofia ha approfondito il pensiero di grandi autori storici e di contemporanei, come Albert Lautman e Jean Cavaillès. Nel 2015 ha ricevuto il Grand Prix Georges Charpak dell’Accademia delle Scienze. È noto per i suoi lavori di cosmologia, tra cui Copernic et le mouvement de la Terre (Flammarion, 1998), La Terre immobile: Aristote, Ptolémée, Husserl (Puf, 2003) e, in italiano, Il concetto di prova alla luce dell’Intelligenza Artificiale (con Jean Sallantin, Giuffrè, 2005).
Professor Szczeciniarz, uno dei suoi libri più affascinanti s’intitola «La Terre immobile». Dimostra, contro la vulgata corrente, che l’idea tolemaica della Terra al centro dell’universo non va intesa come un errore fatale della scienza antica. Un’idea presa in considerazione anche da Edmund Husserl («La terra non si muove», 1934), in rapporto alla relatività di Einstein e alla fenomenologia. Perché sostiene che il geocentrismo ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del pensiero scientifico?
«L’astronomia matematica si basa sul geocentrismo come presupposto o addirittura come fondamento naturale. Certo, Tolomeo e tutti gli altri geocentristi confutano ogni altra ipotesi, in particolare quella dell’eliocentrismo. Quest’ultima era stata contemplata da Aristarco, ma non ne aveva fatto un sistema. Il geocentrismo, che presuppone una Terra immobile al centro dell’Universo e quindi un uomo al centro del mondo, ha permesso di teorizzare un modello sferico, il modello di sfere omocentriche elaborato da Aristotele nel Trattato sul cielo. Questo schema è stato una tappa importante nella costruzione di un modello dell’Universo come un “tutto” geometrico e ci ha permesso di andare oltre nella costituzione del razionalismo geometrico. I ragionamenti di Tolomeo e dei suoi predecessori, che mirano a concepire la sfera come modello, sono molto rigorosi. Anche se nel modello sferico di Tolomeo le sue sfere sono spostate rispetto al centro del mondo. La questione del centro è piuttosto complicata, poiché esistono diversi centri (centro del mondo, centro di percezione, centro del sistema delle sfere, centro della Terra). La cosa più importante è avere ipotizzato la presenza di un osservatore, di un uomo che si trova in piedi al centro del mondo, rendendo così possibile quella idealizzazione sferica che io chiamo geocentrismo “astratto”. Il geocentrismo “astratto” e il geocentrismo “spontaneo” all’inizio erano collegati. E Tolomeo è stato senza dubbio il più grande astronomo dell’antichità. L’insieme delle sue conoscenze è riportato nell’Almagesto, un libro che ha dominato il mondo arabo e quello occidentale fino al XVI secolo. Geometria, trigonometria, cinematica e cataloghi stellari sono i pilastri di questo libro».
Un altro pregiudizio riguarda l’entropia, che in fisica termodinamica misura il degrado dell’energia termica. L’aumento dell’entropia potrebbe determinare il futuro dell’universo? Può fare delle previsioni alla luce delle più recenti teorie cosmologiche?
«Mi rifiuto di fare previsioni e, anche se ho lavorato su questi temi, devo riconoscere che non sono un esperto. Posso dire che i modelli dell’universo raccolgono generalmente un grande consenso, ma restano in gran parte in discussione. Il modello del Big Bang, largamente dominante, è un modello che pone comunque molti problemi: in particolare, secondo il fisico cosmologo Roger Penrose, quello dello scarto incomprensibile tra la bassa entropia iniziale e la sua rapida crescita nel tempo. Per questo motivo ha proposto il suo modello di cosmologia ciclica (la Cosmologia Ciclica Conforme: Ccc), con periodi chiamati eoni (pari a un miliardo di anni). Alla fine di un periodo che vede una sorta di “annichilazione”, il “pop” dell’ultimo buco nero (cioè l’esplosione in cui la massa finale del buco nero è convertita in energia), dovrebbe ripartire un nuovo Big Bang. Tutto ruota intorno alla questione dell’interpretazione dell’entropia gravitazionale».
In che cosa consiste l’entropia gravitazionale?
«L’entropia gravitazionale è un concetto introdotto da Penrose e si distingue dall’entropia termodinamica. Si basa sulla concezione del tensore di Weyl (l’altro tensore è il tensore di Ricci, tutti fanno parte del tensore di Riemann). Semplificando, alla fine di un eone non vi sarebbe più materia, ma solo geometria. Penrose si è spinto oltre il calcolo delle soluzioni delle equazioni di Einstein e ha permesso di tenere conto del tensore di curvatura di Weyl. Avremmo quindi un campo scalare che prepara l’inizio di un nuovo eone. Tutto ciò è complesso ed è ancora sotto condizione e in fase di calcolo. Basti dire che questa concezione dell’entropia è unica in Penrose ed è un elemento della sua cosmologia ciclica».
Un’altra questione controversa riguarda l’Intelligenza Artificiale (IA). Che cosa ne pensa? È davvero un rischio per l’umanità, sempre più governata dalle macchine?
«Per quanto riguarda la sua domanda, rimango un razionalista: il pericolo, se c’è un pericolo, viene dal fraintendimento e dall’uso improprio dell’IA. Anche in questo caso il problema è piuttosto complicato. Non si può negare l’importanza dei progressi compiuti grazie all’IA, come non si può negare che ponga interessanti problemi matematici, fisici e biologici. Ritengo che non ci siamo ancora chiesti quale livello di riflessione sia necessario affrontare relativamente al dominio delle macchine. E soprattutto, più in generale, fino a quale punto l’Intelligenza Artificiale, trasformando la natura e l’organizzazione tecnologica, coinvolga le relazioni sociali. È dal modo in cui noi concepiamo o concepiremo la loro trasformazione che dipende la nostra capacità di utilizzare il potenziale liberatorio che l’Intelligenza Artificiale può offrire».
Veniamo a Blaise Pascal (1623-1662), di cui il 19 giugno ricorrono 400 anni dalla nascita: ne parlerà con Claudio Bartocci al Festival delle Scienze di Roma. Pascal è il brillante autore dei «Pensieri» usciti postumi (1670) e l’inventore della prima calcolatrice meccanica. Perché è ancora attuale?
«Pascal è un incredibile scienziato, fisico, matematico, filosofo e scrittore. Ciò che mi ha colpito di lui è la passione. Spinge la religione in modo che ci porti al di là di una teologia dominante, per farne un pensiero di rivolta contro la Chiesa stessa, il Vaticano. È uno dei più grandi scrittori di lingua francese — ad esempio l’opera Le Provinciali (1657), dove attacca i gesuiti, è un modello di pungente ironia — ed è stato sostenitore di un giansenismo popolare (Martin de Barcos), che si può definire rivoluzionario. Pascal ha rappresentato un punto fondamentale nell’invenzione del calcolo delle probabilità, della teoria dei numeri, dell’integrazione, della geometria proiettiva, per non parlare del suo lavoro in fisica, in cui ha concettualizzato il vuoto (Traité du vide, 1649) e la pressione atmosferica».
Mente geniale, quella di Blaise Pascal, che a soli 16 anni aveva già formulato un trattato di geometria proiettiva, «Sulle sezioni coniche».
«Un’esistenza breve, dedicata solo ai numeri? Beh, non va dimenticato che Pascal ha scritto anche un mirabile trattato sull’amore. Sì, è morto molto giovane. Pensare che approfittava dell’insonnia e delle emicranie per risolvere problemi matematici».