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8 Aprile 2024di Germana Marchese
Il 7 di Aprile sarà il World Health Day ma la questione della salute diventa sempre più pressante e delicata. Nelle agende politiche, il pensiero post pandemico si è arricchito di buoni propositi e con il PNRR sembrava scontato un fiorire di investimenti possibili e di azioni strategiche, essenzialmente indirizzate al benessere collettivo. Il focus della sesta missione, infatti, riguardava proprio la salute, con il potenziamento della capacità di previsione e di cura e la promozione dell’utilizzo delle tecnologie innovative.
Nonostante la fiducia nella scienza e i precetti dell’OMS in tema di diritto alla salute, non assistiamo al miglioramento della qualità della vita in generale, né tantomeno all’attuazione dei principi di universalità dei destinatari e di eguaglianza di trattamento.
Viviamo più a lungo per fortuna ma le sfide che ci attendono sono assai più complesse di un tempo. Lo testimoniano i dati inquietanti d’oltreoceano. Si stima che 30-40 milioni di americani non abbiano accesso al trattamento sanitario poiché non hanno un lavoro che consenta loro di pagare un’assicurazione privata. Senza guardare troppo lontano, mentre sorge un nuovo centro medico alle porte della nostra città, nell’area ex Telecom che, con variante semplificata al piano operativo, vedrà ampliata e sopraelevata la superficie immobiliare esistente, per incrementare l’offerta privata di salute integrata, la direttrice sanitaria dell’AOU Senese snocciola dati al rialzo, a partire dal 2021, registrando un miglioramento dei tempi nelle liste d’attesa. Peccato che durante gli anni della pandemia gli italiani abbiano ridotto (rimandato o rinunciato) nella misura del 39% visite mediche o prestazioni sanitarie. Facile crescere dopo un tale uragano. Posto che peggio non potesse andare di sicuro, la questione vera su cui soffermarsi è la seguente: è garantito accesso equo e capillare alla cura e alle terapie mediche?
Visto che la città finalmente si decide, attraverso il proprio Sindaco, a recuperare un ruolo di mediazione e di tutela istituzionale nella difficile partita sul biotecnopolo, prima di cominciare, per restituire equilibrio alla narrazione, nell’alfabeto futuro della cura, conviene compiere etimologicamente qualche passo indietro.
I rilevanti interessi economici connessi all’erogazione dell’attività sanitaria e della ricerca ad essa collegata rischiano di determinare un pericoloso rovesciamento dei significati originali.
E’ piuttosto evidente che la scienza sia lavoro produttivo per eccellenza ma non vorremmo dover assistere al perdurante squilibrio/sproporzione tra ricerca per i vaccini e ricerca per la Cura in senso generale. Le due cose devono viaggiare insieme.
Nell’arco di qualche millennio, la cura, attraverso la tecnologia e l’operato umano è diventata il complesso dei trattamenti medici ma non bisognerebbe mai dimenticare l’etimologia latina del termine, che traduce alla perfezione il senso di sollecitudine, di preoccupazione e di premura per la persone affidate. Non a caso il verbo curare era intransitivo. Prima ancora, therapeia, in greco, significava servizio e il therapon, come Patroclo nell’Iliade di Omero, era letteralmente un servitore, ovvero colui che si metteva in ascolto dei bisogni di Achille. Patroclo era sinceramente in pensiero per lui. La portata affettiva del significato con il tempo ha lasciato spazio alla concretezza dell’agire tecnico e quindi al profitto. Eppure a partire dallo scientismo e dall’alto livello di specializzazione, dallo specialismo come “coscienza di astrazione” insomma, conviene recuperare una dimensione politica ed etica della scienza, che qualche filosofo ha correttamente inteso come “cervello sociale”, all’interno del quale, ogni neurone ha senso nella connessione dei saperi.
La complessità delle sfide future è in questa ricerca di equilibrio, del giusto metro, del logos nel senso di misura dei saperi e della funzione che questi assolvono per rispondere in maniera giusta e concreta alle esigenze primarie della comunità nel suo insieme.
Perciò ci piace immaginare che da qui in avanti sia compiuto un autentico sforzo, nel rispetto della trasparenza, per la piena realizzazione di un futuro migliore a tutela del completo benessere fisico, mentale e sociale dei cittadini, tenendo bene a mente che in materia di accesso alla cura “negare la dignità significa trasformare la persona in mero organismo biologicamente vivente privo di rispetto e considerazione”