Ritengo che siano maturi i tempi per una riforma radicale del sistema giudiziario che difenda e tuteli la “trasparenza” delle decisioni, specie dopo che i recenti “terremoti giudiziari” hanno scosso alla radice la credibilità della magistratura. Se per un verso in uno Stato democratico, le decisioni debbono essere conoscibili e trasparenti, comprese le determinazioni che riguardano la carriera dei magistrati, per altro verso non credo proprio che una riforma che si limiti a prevedere la “pagella del magistrato” serva a realizzare tale obiettivo. Credo, anzi temo, che una simile riforma possa invece accentuare e accelerare la deriva burocratica dell’attività giurisdizionale che, ahimè – soprattutto negli ultimi anni – si manifesta in modo sempre più tangibile; quella ossessione di “tenere le carte a posto” come obiettivo fine a se stesso che fa perdere di vista, in particolare al pm, che si è tenuti a evadere un’“obbligazione di mezzi” e non un’“obbligazione di risultato”.
Henry John Woodcock
Pericolo “gara” Attenzione ai grandi processi, addio alla giustizia minuta
Il progetto “pagelle” ai magistrati nasce dal rilievo che in magistratura tutti, anche i somari, fanno carriera. Oggi la progressione è fondata su un sostanziale automatismo, escluso solo in caso di grave ed evidente inidoneità. Ma il rimedio rischia di essere peggiore del male. Il modello meritocratico, pensato per dispensare riconoscimenti a chi viene ritenuto appunto meritevole, è inadeguato per le funzioni giudiziarie. Interfaccia di una magistratura gerarchicamente organizzata che punta alla selezione dei più affidabili. Un sistema che nuoce all’atteggiamento mentale del buon magistrato, suscitando gare e ambizioni per i processi più importanti, trascurando i minuti affari di ogni giorno, nel disimpegno dei quali sta invece in massima parte l’importanza sociale della giustizia. Ed è strano che questi principi, espressi nel 1903 da un alto magistrato (il conte Piola Caselli, di certo non una toga rossa) siano oggi disconosciuti da un governo di destra.
Gian Carlo Caselli
Valori la costituzione è il solo parametro, non serve altro
Esistono già efficaci strumenti di valutazione del magistrato, è molto cervellotica l’idea di una pagella. Un meccanismo che non restituisce un’immagine rispondente al lavoro del magistrato. Sembra che l’obiettivo principale siano alcune figure di magistrati e alcune tipologie di funzioni. La pagella avrebbe effetti devastanti sull’autonomia del giudizio. Potrebbe rendere i magistrati meno liberi nelle decisioni e meno autonomi. Il rischio è di creare una “giustizia di classe” in cui il magistrato avrà timore di assumere decisioni scomode e stia più attento a fare carriera che all’interesse generale. Non si comprende se si voglia inserire un parametro oltre a quello previsto dalla Costituzione, che distingue i magistrati solo per funzioni. Ci stiamo dimenticando le parole di Paolo Borsellino: “Noi facciamo i processi. Poi può esserci un esito o un altro. È la fisiologia del processo”.
Annamaria Frustaci