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Settant’anni e non dimo-strarli! Mi riferisco all’opera di Eugenio Garin Medioevo e Rinascimento (Laterza, pagine 336, euro 20,00) di recente accolta per la prima volta nella nota collana “Biblioteca Universale”, dopo che la prima edizione era uscita, sempre per i tipi dell’editore barese, nel 1954, destando subito un notevole interesse; lo stesso interesse che si prova ad avvicinarla ora che il suo autore ci ha lasciato, novantacinquenne, 20 anni fa. Reatino di nascita ma fiorentino di adozione e di formazione, Garin viene unanimemente considerato uno dei maggiori storici del pensiero che l’Italia novecentesca abbia avuto. Padrone di una scrittura limpida e di una notevole chiarezza espositiva, egli concentrò i suoi interessi sullo studio della filosofia dell’Umanesimo e del Rinascimento, come attesta anche il volume di cui ci stiamo occupando. Nell’affrontare il complesso problema del passaggio dall’epoca medievale a quella rinascimentale, l’autore cerca di «liberarsi della molto vecchia antitesi tenebra-luce con quanto essa reca di implicito di lotta religiosa non sempre appropriata e fondata; cercando di intendere diversità di forme di vita e di pensiero, e il tramonto di certi problemi e l’insorgenza di nuovi, e il modo diverso di vivere
(anche la vita religiosa) e di sentire gli eterni problemi della “vita” e della “morte”» Diviso in tre parti, il libro accoglie dodici interventi che fanno luce su varie questioni e tematiche che caratterizzarono le due epoche storiche e, in particolare, il loro incontro e il passaggio dalla prima alla seconda. In questo contesto, Garin discute, fra l’altro, del rapporto tra poesia e filosofia nel Medioevo latino, della retorica, della magia, dell’astrologia, della storia del pensiero nel Rinascimento. Tra i luoghi ove più e meglio si è resa evidente l’osmosi tra Medioevo e Rinascimento, un posto senza dubbio preminente è occupato dalla città di Firenze, e Garin mette in evidenza questo importante elemento soprattutto nell’ultima parte del libro, ove sono raccolti tre studi che hanno come sfondo il capoluogo toscano. Il primo saggio è dedicato a Donato Acciaiuoli cittadino fiorentino, esponente singolarmente rappresentativa dell’umanesimo civile fiorito a Firenze nel XV secolo, del quale fu detto che «governando la Repubblica attese alla filosofia, e filosofando governò la Repubblica” ». Garin dedica poi pagine molto significative a Marsilio Ficino (1433-1499), che con Firenze i suoi governanti, i potentissimi Medici, ebbe un rapporto assai stretto, che gli permise di coltivare i suoi studi, in particolare quelli dedicati all’amato Platone e al platonismo. Troviamo ancora Firenze in primo piano nell’ultimo capitolo del libro intitolato La cultura fiorentina nell’età di Leonardo: in esso l’autore ricostruisce con grande perizia il clima culturale che caratterizzò il capoluogo toscano nella seconda metà del XV secolo e che egli non esita a definire «uno degli ambienti più colti e completi d’Europa, iniziatosi all’indagine più sviluppata e aggiornata del tempo»