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26 Luglio 2022Il film inaugurale è Rumore bianco di Noah Baumbach, tratto dal romanzo di Don De Lillo
fulvia caprara
Una commedia nera sospesa tra umorismo e apocalisse, tratta da un romanzo celebre, firmata da un regista elegante e talentuoso, con un cast che mette insieme la superstar Adam Driver e l’attrice regista Greta Gerwig. La 79esima edizione della Mostra di Venezia si apre il 31 agosto con White Noise di Noah Baumbach, tratto da Rumore bianco di Don De Lillo, quasi quasi una scelta radical-chic, se non fosse che il vero rumore, a parte il titolo, lo fa per ora il marchio Netflix che accompagna l’opera e che, per la prima volta, sarà legato al clamore mediatico della serata inaugurale.
La lunga marcia della piattaforma, da anni accolta a braccia aperte a Venezia, alla faccia dei diktat anti-streaming ancora in vigore a Cannes, guadagna un altro, importante traguardo: «Valeva la pena aspettare per avere la certezza che il film fosse finito in tempo – dice il direttore Alberto Barbera –. Baumbach ha realizzato un’opera originale, ambiziosa e avvincente, che gioca con misura su più registri: drammatico, ironico, satirico. Il risultato è un film che esamina le nostre ossessioni, i dubbi, le paure radicate negli anni ’80, ma con riferimenti molto chiari alla realtà contemporanea».
La storia racconta «i tentativi di una famiglia americana contemporanea nell’affrontare i conflitti mondani della vita quotidiana, alle prese con i misteri universali dell’amore e della morte, e la possibilità della felicità in un mondo incerto».
Il regista Noah Baumbach che, nel 2019, era stato in corsa per il Leone d’oro con Marriage Story, sentitamente ringrazia: «È davvero meraviglioso tornare alla Mostra ed è un incredibile onore portare White Noise alla serata di apertura. Questo è un luogo che ama tanto il cinema, ed è un’emozione e un privilegio unirsi agli incredibili cineasti che hanno presentato qui i loro film». Del cartellone, che sarà svelato oggi, potrebbero far parte, stando alle voci riportate da Variety, diversi altri titoli Netflix («a robust pack» scrive Nick Vivarelli), da Blonde, il film di Andrew Dominik dedicato all’epopea drammatica di Marilyn Monroe, a Bardo, False Chronicle of a Handful of Truths, sulla storia di un giornalista e documentarista messicano alle prese con una crisi esistenziale, a Athena tragedia moderna scritta dal regista Romain Gavras con l’autore di Les Miserables Ladj Li.
Nella vetrina riservata ai debuttanti dalla Settimana della critica, diretta da Beatrice Fiorentino (alla 37esima edizione e dedicata a Mantas Kvedaravicius, il regista lituano morto in Ucraina), spicca in concorso un unico titolo italiano Margini, diretto da Niccolò Falsetti, scritto dal regista con Francesco Turbanti e Tommaso Renzoni, ambientato a Grosseto nel 2008 dove i componenti di un gruppo punk si ritrovano a fare i conti con i costi emotivi delle loro velleità frustrate: «Da un lato è l’occasione per parlare della nostra generazione attraverso uno sguardo inedito – spiegano gli autori –, dall’altro c’è la provincia, con tutto il suo enorme coefficiente di immedesimazione e la sua poetica. Un contrasto fra due dimensioni, che ci ha sempre fatto ridere». Il film, coprodotto dai Manetti Bros (in uscita il 15 settembre con Fandango), comprende un cameo di Zerocalcare: «Raccontiamo la sottocultura punk hardcore da cui proveniamo e su questi e altri temi abbiamo trovato tanti punti in contatto con lui». La Settimana della critica, che si dichiara «orgogliosamente queer», è aperta ai concetti di «amicizia, amore, continuità» e abitata da personaggi di «sognatori, idealisti, uomini e donne in lotta per un futuro migliore, più equo, più giusto»: la frase guida della selezione è del regista Paul Vecchiali che diceva «bisogna fare come i Lumiere, reinventare il cinema a ogni film». L’impressione è che alla Mostra dovranno più che mai convivere anime diverse, quelle proiettate sul futuro in streaming e quelle che, nonostante tutto, credono ancora nell’invenzione del grande schermo e della sala.