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1 Dicembre 2023Con il taglio delle direzioni addio risorse? Il ministro rassicura
Edoardo Semmola
«Risparmiare ed efficientare» sono i due verbi usati dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per spiegare cosa sta per succedere al suo dicastero: un’operazione di spending review attuata attraverso la riorganizzazione delle direzioni. Lunedì il Consiglio dei Ministri, su proposta dello stesso Sangiuliano, ha approvato un regolamento che elimina la Direzione generale educazione, ricerca e istituti culturali, al quale fino ad oggi afferiva l’Opificio delle Pietre Dure. L’istituto fiorentino passa così sotto il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale, «più confacente alle sue funzioni» aggiunge lo stesso ministro.
Ma in via degli Alfani la notizia desta preoccupazioni. Perché è stato proprio l’inserimento dell’Opificio sotto la direzione dedicata alla ricerca che ha permesso all’istituto di restauro di attingere alle risorse necessarie per fare appunto ricerca e non soltanto attività restauro.
«Siamo in una fase aurorale della riforma e bisogna vedere come si svilupperà — commenta la soprintendente Emanuela Daffra — Ma condivido le preoccupazioni che la scomparsa della Direzione possa in qualche modo appiattire la straordinaria specificità nostra e dell’Istituto di Roma, luoghi sì di tutela ma anche di formazione a livello universitario e istituti di ricerca». Per Daffra «è importante che si venga investiti anche formalmente di questo ruolo di istituto di ricerca — prosegue, proponendo dunque una contro svolta in senso opposto — che è presente nel nostro statuto ma ancora le Università non ci riconoscono come tale. Ci sono tante partite ancora da chiarire». Lo status di istituto di ricerca è una conquista dell’ex soprintendente Marco Ciatti, che ora esprime un forte «timore per quelle risorse». Il ministro prova a rassicurare: «Non voglio penalizzare l’Opificio, anzi lo voglio potenziare. E avrà anche nuovo personale perché c’è in programma un concorso per chimici, fisici e ingegneri, e una quota di questi sarà destinata all’Opificio». Ma allora la spending review? «Risparmiamo 50 milioni sui soldi dati al cinema — ribatte Sangiuliano — oltre che dalla riorganizzazione generale».
Non c’è un automatismo tra l’appartenere alla Direzione che afferisce alla ricerca e l’ottenere fondi per la ricerca, però, come spiega Ciatti, «è sempre pericoloso intervenire su un ministero che ha sempre avuto risorse scarse. La mia è una paura di ordine generale e alla mia età (Ciatti è andato in pensione un anno fa dopo 38 anni all’Opificio, ndr ) ne ho già viste di situazioni così, e hanno sempre avuto esiti negativi: una riforma simile, fatta per dipartimenti, è già stata tentata e fallì nel giro di meno di un anno, tanto che si tornò indietro. Questo dovrebbe far riflettere chi sta al governo».
Il punto è la certezza delle risorse: «L’attività di ricerca era esaltata dall’appartenenza dell’Opificio a quella Direzione, è stato un riconoscimento interno, era praticamente fatta su misura per noi, lì dentro contavamo, mentre ora finirà dentro il calderone generale con mille altre cose diverse. Ma il risultato che riuscii a ottenere io fu ancora più significativo — continua Ciatti — era il riconoscimento da parte dell’Istat dello status di istituto di ricerca. In questo Paese così pazzo non si sa mai cosa può succedere e il rischio di vedere l’Opificio schiacciato in una nuova forma burocratica mi preoccupa, così come il rischio che a Roma non si rendano conto dell’importanza dell’Opificio, cosa su cui all’estero invece nessuno ha dubbi. Non è un caso se, anche da pensionato, ancora mi chiamano a far parte del comitato scientifico per il restauro al Louvre, o al Getty per un grande progetto lungo sei anni: se mi chiamano è per la fama dell’Opificio delle Pietre Dure nel mondo».
Mercoledì e giovedì a Roma si è svolto un convegno sulla storia del restauro in Italia a cui ha partecipato anche Giorgio Bonsanti, che dal 1988 al 2000 è stato anche lui soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure. «Ho incontrato Andrea De Pasquale, che fino al 2021 è stato il capo della Direzione generale educazione, ricerca e istituti culturali — racconta Bonsanti — Mi sono chiesto: a cosa prelude questa riforma? Che idea hanno in mente? Separare l’attività di restauro dall’insegnamento e dalla ricerca non è più possibile, sono elementi intimamente connessi tra loro, quindi se operi una rivoluzione nel ministero di questa portata devi avere un’alternativa, un progetto sostitutivo, altrimenti non si smonta un sistema esistente e che funziona». In questa situazione di incertezza, è Vittorio Sgarbi che vuole ergersi a paladino dell’Opificio: «Mi impegnerò io a difenderlo».
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