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14 Novembre 2023BLOCK FRIDAY
14 Novembre 2023BUONGIORNO
di Mattia Feltri
Oltre quattromila docenti e ricercatori universitari hanno firmato l’appello partito dall’Alma Mater di Bologna con cui si chiede, anche al ministro Anna Maria Bernini, di sospendere qualsiasi collaborazione con le università israeliane. Quattromila docenti e ricercatori su un totale di 57mila (dati YouTrend) sono il sette per cento: né moltissimi né trascurabili. Pierluigi Musarò, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Alma Mater, e fra i primi firmatari dell’appello, ha rilasciato alcune interviste nelle quali sottolinea con qualche vigore il carattere “pacifico” e “non violento” dell’iniziativa. Davvero interessante. Ma non capisco che cosa significhi. Si poteva forse prendere in considerazione un’iniziativa bellicosa e violenta? L’alternativa all’appello era di bombardare gli atenei di Gerusalemme e Tel Aviv? E l’avere optato per l’appello anziché per il bombardamento tratteggia la tenuta morale dei firmatari? Per carità, capisco i tic lessicali – lì dentro si parla pure di “genocidio dei palestinesi”, con abuso del termine dal punto di vista semantico, storico e penale – ma una raccolta di firme di accademici italiani perché siano sospese le collaborazioni con gli accademici israeliani, dichiarati indegni chiunque siano, comunque la pensino, a me sembra quanto di più violento si possa concepire. È il sapere che rifiuta di stringere le mani al sapere, e tradisce nel modo più brutale l’idea stessa di università, cioè di universale. Aggiungo che le lezioni oggi in Israele sono sospese: gli studenti universitari sono tutti al fronte. Che distanza drammatica fra la tragedia e la retorica.