ALESSANDRA RIZZO
Dimenticate Stendhal, che a Santa Croce, sopraffatto da troppa bellezza, provò un senso di malessere. Lasciate perdere Goethe, che partì per l’agnognata Italia alla scoperta di se stesso ma anche delle meraviglie del Paese. No, oggi il turismo di massa a base di selfie e post su Instagram sta rovinando le città italiane e, spesso, anche il soggiorno di chi ci arriva. A pensarla così è lo scrittore inglese trapiantato in Italia Tobias Jones, che dalle colonne del Guardian mette in guardia contro i pericoli e le degenerazioni dell’overtourism. «In passato viaggiavamo per ampliare ed educare la mente (…), per assorbire la vastità del mondo, per sentirci piccoli, forse vulnerabili, e per apprendere altre culture», scrive. «Ora sembra che tutto ciò sia al rovescio: il pericolo o il rischio di viaggiare sono minimi e il nostro enorme ego si impone su un piccolo mondo. I luoghi da visitare non sono altro che lo sfondo per i nostri selfie, perché andiamo nei posti non per imparare da essi, ma solo per postare, e poterci vantare con gli altri di esserci stati».
Un giudizio amaro, da parte di uno scrittore che vive da tempo a Parma e può osservare il nostro Paese dal punto di vista privilegiato di chi lo conosce bene. Di Venezia, osserva come il numero dei posti letto per turisti sia pericolosamente vicino a quello, in calo, dei residenti: «Una città notoriamente preoccupata per il rischio di essere sommersa dall’acqua teme ora di essere sommersa dalle persone»; con la tassa di sbarco per entrare nella città, aggiunge, Venezia rischia di dare l’impressione di essere diventata esattamente ciò che vuole evitare di essere: «Un parco a tema», più «reliquia che realtà viva». Jones racconta poi l’esperienza di un amico, o amica, che durante una visita alle Cinque Terre a Pasqua ha incontrato «lunghe code anche solo per imboccare dei sentieri o bere un caffè». E conclude tristemente: «La finzione del turismo nell’era dei social media dice che noi, come robusti avventurieri, siamo lì da soli. Ma siamo soli solo nell’attimo dello scatto per Instagram. Il resto è pieno di folla e disagi».
L’Italia è da sempre uno dei Paesi più visitati al mondo, e il settore è in forte ripresa dopo gli anni della pandemia. Soltanto nella settimana di Pasqua, oltre 141 mila prenotazioni aeree internazionali hanno portato turisti stranieri nel nostro Paese. Le prenotazioni per l’estate sono in aumento, con i britannici in prima linea; del resto amano il Bel Paese, a dispetto di un senso di superiorità che ogni fa capolino. E se il turismo di massa è un fenomeno relativamente recente, la fascinazione degli stranieri per il nostro Paese certamente non lo è. A partire dal diciassettesimo secolo, ma in particolare nei due secoli successivi, il «Gran Tour» portò in Italia aristocratici, artisti e intellettuali da tutta Europa. Nel suo “Viaggio in Italia”, lo scrittore tedesco Goethe racconta le due visite nel nostro Paese tra il 1786 e il 1788, tra Venezia, Roma, Napoli, Palermo, la Sicilia… Goethe, pur non privo di critiche, per esempio sulla sporcizia nelle strade di alcune città, tuttavia racconta con meraviglia l’«incomparabile» panorama di Roma; il «paradiso» di Napoli; un chiaro di luna della riviera di Chiaia in cui “ci sente presi dal senso di immesità dello spazio”; e poi la Sicilia, la “chiave di tutto”. Il poeta romantico Shelley passò in Italia gli ultimi anni di vita. Stendhal, che ha dato il nome alla famosa sindrome, visitò la nostra penisola in lungo e in largo, vivendoci per lunghi periodi, e raccogliendo appunti di viaggio e notazioni sul Paese e i suoi abitanti in “Roma, Napoli, Firenze” e altre opere. Dalla letteratura a Hollywood, il passo è breve: dalle “Vacanze Romane” di Audrey Hepburn al “Talento di Mr Ripley” per finire al piccolo schermo, con la serie “White Lotus” che negli ultimi mesi ha ravvivato la curiosità dei turisti americani per la Sicilia.
Nel turismo di massa di oggi la lentezza è bandita; tutto è visto e vissuto attraverso lo schermo di un telefonino, postato istantaneamente sui social, studiato in anticipo su Tripadvisor. E non solo in Italia: l’overtourism è un problema globale, dai canali di Venezia alle spiagge tailandesi. La ministra Santanchè, che ne ha parlato recentemente, pensa non tanto al numero chiuso nei centri storici delle grandi città quanto al concentrarsi sulla «spesa media» dei visitatori. «Alzare l’asticella, lo standard dei servizi», ha detto in un’intervista al Messaggero. E risolvere il problema del “far west” degli affetti brevi.
Tobias Jones nel suo articolo per il Guardian osserva come le mete più popolari stiano pensando all’impensabile: dissuadere i turisti, come Amsterdam, che ha intimato ai giovani in cerca di un weekend di bagordi di stare alla larga. Intanto, quello che si è perso è il senso della scoperta, dell’ignoto. «Il viaggio era avventura e difficoltà, a volte solitudine, ma sempre sorpresa e spontaneità», scrive Jones. «Ora la strada è così ben battuta e delineata che ti senti costretto su un percorso collaudato mentre qualcuno ti ruba nelle tasche».