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En direct, guerre en Ukraine : les Européens ont « un rôle à jouer » dans d’éventuelles négociations de paix, estime Emmanuel Macron, avant la Conférence de Munich sur la sécurité
14 Febbraio 2025
Dazi su misura
14 Febbraio 2025L’analisi
È davvero possibile negoziare una pace longeva ucraino-russo-europea che non sia basata solo su rapporti di forza e di potenza? E che opportunità offre il colloquio telefonico fra il presidente statunitense Donald Trump e l’omologo russo Vladimir Putin? Che l’approccio trumpiano assomigli a un disegno alungimirante di negoziato ad excludendum, a una nuova Yalta senza partecipazione europea, lo si intuisce dalle reazioni del segretario generale della Nato, Mark Rutte, pronto a mettere i puntini sulle “i” rivendicando un ruolo negoziale anche per l’Ucraina. Dopo un novembre e un dicembre particolarmente “profittevoli” su molti assi del campo di battaglia, il 2025 ha visto un rallentamento della progressione russa, con guadagni territoriali quotidiani che si sono dimezzati. Potrebbe essere una pausa operativa, dopo mesi e mesi di sforzi offensivi, oppure frutto di un clima poco propizio alla manovra, o ancora tradurre una perdita qualitativa delle unità di prima linea dell’Armata Rossa e un impoverimento degli arsenali sovietici. Il fronte di Pokrovsk, il principale attualmente, non è ancora imploso; sta richiedendo risorse che cannibalizzano il futuro, come l’economia di guerra cui si sono votati i russi, capaci di produrre in un anno più del doppio delle artiglierie sfornate dagli euro-americani, ma stretti nella morsa di un’inflazione interna e di tassi d’interesse che penalizzano consumi e crescita produttiva, trainata più che da quelli militari dagli investimenti civili. Non è da escludere nemmeno che la pausa russa sia un’apertura tacita all’iniziativa diplomatica trumpiana, fallita la quale si ritornerebbe allo stato quo ante, ad avanzate che, pur progressive, sono lente, tattiche più che operative. Sono più i dubbi che le certezze senza lineamenti chiari del piano di pace americano: saranno accettabili alla controparte statunitense e ucraina le richieste negoziali del Cremlino, orientate per ora a ribadire i principi massimalisti editi a Istanbul? Istruendo le delegazioni francesi, il generale francese Charles de Gaulle disse una volta: «se puoi prendere, ghermisci». Lo stesso principio anima i russi e c’è da chiedersi se basterebbero i contingenti europei, rafforzati plausibilmente da contributi di paesi neutrali, a garantire la tenuta dell’eventuale cessate il fuoco, lungo una linea armistiziale che, pur somigliando alla cortina di ferro intercoreana, sarebbe probabilmente priva del puntello statunitense e del casus foederis contemplato dall’articolo 5 del patto atlantico. Senza più retrovie americane, neutralizzata e lontana dall’inclusione nella Nato, Kiev sarebbe uno stato cuscinetto, abile nelle tecnologie belliche, teatro di molte iniziative industrial-militari europee, dell’aiuto finanziario bruxellese, ma meno sovrana, complice anche l’inverno demografico. La Conferenza sulla sicurezza di Monaco della fine settimana corrente permetterà di capire meglio le posizioni e le disponibilità degli uni e degli altri, di fronte all’evolversi di scenari internazionali i cui codici interpretativi sono ancora indefiniti e di rapporti di forza globali cangianti. Sebbene il segretario alla Difesa statunitense abbia ribadito la centralità dell’alleanza e del patto di mutua difesa transatlantico, in Europa mancano certezze e strategie chiare alternative all’ombrello statunitense, in un momento in cui tutto lascia desumere che la guerra fredda del XXI sarà per Washington poco eurocentrica e molto sino-americana, con alleanze asiatiche e programmi militari in itinere, a complicare uno scontro bilaterale già in corso sul piano tecnologico-commerciale. Nell’era delle barriere, dei muri, della transazione di territori e risorse, sembrano franare l’arte diplomatica europea post-Seconda guerra mondiale e un ordine liberale consolidato.
Si riaffacciano gli spettri degli euromissili, i dibattiti sulla massa, sulla quantità degli eserciti, sulla sostenibilità delle guerre industriali e sulla loro incompatibilità con uno stato sociale consolidato da mezzo secolo. Sapremo in futuro quale personalità prevarrà in Donald Trump, se il diplomatico impegnato a irretire la Russia nel nuovo grande gioco globale, spezzando un asse russo-cinese problematico per i sogni imperiali statunitensi, o l’uomo d’affari che contratta su altre basi.