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3 Agosto 2022“Costo dell’energia +100% ad ottobre”. Flop della tassa sugli extraprofitti: 7mld di buco
Carlo Di Foggia
Magari è solo un caso, ma potrebbe anche essere un indizio utile agli osservatori che da due settimane si chiedono il perché dell’atteggiamento intransigente con cui Mario Draghi ha deciso di evitare qualsiasi compromesso con le forze della sua maggioranza, decretando la fine del governo. Lo scenario che attende il Paese (e il futuro esecutivo) in autunno potrebbe essere drammatico sul fronte energetico, al punto da prefigurare il rischio di tenuta del sistema. Il tutto, peraltro, mentre si preannuncia un gigantesco flop della tassa sugli extra-profitti di Eni & C. disegnata dal governo, con annesso buco miliardario.
L’emergenza gas non è un’iperbole: è tutta contenuta nell’allarme lanciato dall’Arera, l’Autorità per l’Energia il 29 luglio scorso. Tecnicamente è una “segnalazione a Parlamento e governo in relazione alle criticità legate agli elevati prezzi del gas naturale”. Il linguaggio è istituzionale, ma la sostanza è netta. L’Authority avvisa che, se le cose non cambieranno, a ottobre le bollette del gas potrebbero salire del 100% su base trimestrale, cioè rispetto a valori che già erano alle stelle per effetto delle tensioni con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Vale la pena di ricordare che oggi, per il meccanismo noto come “marginal price”, il prezzo del gas dà il prezzo a tutta l’energia venduta nell’Unione europea.
I tecnici dell’Autorità guidata da Stefano Besseghini ricordano che i prezzi all’ingrosso del gas naturale (espressi alla Borsa Ttf di Amsterdam, ma anche al Psv italiano, che si discosta di poco) hanno ormai superato i 200 euro al Megawattora, “più del doppio dei prezzi, già molto elevati, registrati nei mesi precedenti e dieci volte i prezzi medi degli ultimi cinque anni”. Questo livello è semplicemente impossibile da reggere: “Tali costi – spiega l’Authority – risulterebbero difficilmente sostenibili per tutti i consumatori, non solo domestici, con potenziali ripercussioni sulla tenuta dell’intera filiera. In tale drammatico scenario, inoltre, la concentrazione nel mese di agosto degli approvvigionamenti di gas naturale per la fornitura dei clienti in tutela per il trimestre ottobre-dicembre 2022 (…) potrebbe creare una ancor più elevata volatilità e un ulteriore incremento dei prezzi”.
Le quotazioni del gas sono alle stelle perché il mercato sospetta che il prossimo inverno potrebbe non esserci sufficiente disponibilità. Questa combinazione, spiega Arera, provoca la difficoltà dei venditori di gas che si riforniscono dagli importatori “a trovare i volumi necessari per soddisfare la domanda, inclusa quella per uso domestico e, per molti clienti finali, a concludere contratti di fornitura per il prossimo anno termico (dal primo ottobre)”.
L’allarme ad Arera arriva dai grandi consumatori di gas, da singoli operatori o dalle loro associazioni. Il mercato, peraltro, è assai ristretto: Eni vale da sola il 48% del gas importato e insieme a Edison (15,7%), l’Azerbaijan Gas Supply Company – che importa il gas azero che approda a Melendugno attraverso il gasdotto Tap (8,3%) – Enel (8,3%) e Shell (6,7%) rappresenta il 90% del mercato. Non è difficile intuire chi sta frenando le forniture.
Questa carenza di volumi, unita ai prezzi folli, spinge l’Arera a prevedere il collasso di molti rivenditori di gas, “come peraltro già avvenuto in diversi Paesi europei (l’ultimo è il gigante tedesco Uniper, salvato da Berlino con 15 miliardi, ndr)”. Il problema è che il costo di questo default è a carico degli utenti. L’autorità lo chiama “processo di socializzazione” degli oneri. In sostanza, in base a un regolamento del 2018, i buchi creati dal fallimento degli operatori vengono scaricati in bolletta. Il primo conto di questo disastro potrebbe arrivare subito, visto che “situazioni analoghe si sono già verificate lo scorso inverno e hanno provocato squilibri al sistema per diverse centinaia di milioni, che potrebbero richiedere la socializzazione”.
Per ora l’Autorità ha rivisto il meccanismo di fissazione del prezzo del mercato in tutela agganciandolo al Psv italiano con aggiornamenti mensili e non più trimestrali nella speranza che in Ue si decida di fissare un tetto temporaneo ai prezzi del gas naturale. Senza interventi, infatti, i prezzi voleranno “verso livelli che si rivelerebbero insostenibili per la generalità dei consumatori, per il corretto funzionamento dei mercati energetici e, in ultima analisi, per la competitività del Paese. Tali possibili interventi – conclude Arera – divengono di drammatica urgenza in considerazione dell’approssimarsi della stagione invernale e degli attuali livelli di prezzo che destano forti preoccupazioni per la tenuta del sistema nazionale energetico e produttivo”.
Secondo l’Autorità bisogna ridurre da subito la domanda e predisporre un meccanismo per gestire i razionamenti in caso di emergenza, cioè se la Russia dovesse chiudere i rubinetti del gas, ipotesi che le stime dell’Autorità al momento non inglobano. Questo scenario stride con l’ottimismo del governo e del ministro Roberto Cingolani che si è spinto a prefigurare un inverno in sicurezza anche senza forniture russe. Per dare l’idea, nel 2021 i prezzi all’ingrosso dell’elettricità erano già saliti del 500%, del 400% quelli del gas. Ad agosto 2021 il gas Ttf era a 27 euro al MWh, oggi a 200 e il prezzo unico dell’elettricità (Pun) è passato da una media mensile di 112 a 270 euro al MWh.
In questo scenario la situazione è resa ancor più complicata dalla difficoltà di recuperare parte dei giganteschi profitti delle compagnie di settore per destinarli a calmierare le bollette. Finora il governo ha stanziato 28 miliardi, di cui 10,5 miliardi dovrebbero rientrare dalla tassa sugli extra-profitti introdotta dal decreto Ucraina di marzo con un’aliquota del 10%, poi alzata al 25% dal decreto Aiuti di maggio. La misura, però, è stata costruita dal Tesoro con un meccanismo un po’ grezzo che ha suscitato contestazioni. La tassa si paga sulla differenza tra le operazioni attive e passive al netto dell’Iva, cioè sul valore aggiunto prodotto, che però non è sempre tutto profitto. L’acconto del 40% andava pagato entro giugno. Secondo Il Sole 24 Ore, però, è stata una débâcle. Nello scostamento di bilancio, il governo ha ammesso che gli incassi si sono fermati a 1,23 miliardi su 4 previsti. Se confermato a fine anno, mancheranno 7 miliardi: Draghi avrebbe fatto di soppiatto quello scostamento di bilancio in deficit che ha negato a metà della sua maggioranza.