
«Chigiana, altro che vetrina»
6 Luglio 2025
Io, Panatta: la vita, il tennis, la libertà
7 Luglio 2025
Certo, ecco una versione ridotta mantenendo intatto il tono, il linguaggio e le parole originali, tagliando solo il superfluo:
Mi sono chiesto: ma in tutto questo gioco tra banche, dove stanno i vantaggi per chi ha un conto corrente o per chi mette da parte qualche risparmio? E perché, mentre le banche si muovono su piani altissimi, spesso non fanno abbastanza per sostenere le imprese che hanno bisogno di credito?
Da settimane si parla di una manovra da più di 13 miliardi: il Monte dei Paschi vuole fondersi con Mediobanca. Lo Stato, primo azionista del Monte, la sostiene. Le autorità hanno dato il via libera: da lunedì 14 luglio inizierà l’offerta per convincere gli azionisti di Mediobanca.
La banca senese, guidata da Luigi Lovaglio, dice che l’unione rafforza il sistema. Ma Alberto Nagel, a capo di Mediobanca, è contrario: manca un vero progetto industriale, e l’indipendenza verrebbe compromessa.
Intanto, qualcosa si muove. Alcuni grandi azionisti di Mediobanca vendono. Altri si defilano, forse per non scontrarsi con il governo. L’assemblea di giugno è stata rimandata: i voti non tornavano. Le certezze di Nagel vacillano.
Lovaglio invece può contare su una buona base: Delfin, Caltagirone e alcune casse sembrano intenzionati ad aderire. Si parla di un 35% già sicuro. È il minimo per dire che l’offerta ha funzionato.
Ma perché tutto questo dovrebbe interessare chi non è banchiere né azionista?
Perché queste fusioni decidono come saranno gestiti i nostri risparmi, mutui, investimenti. Se le banche si concentrano in poche mani legate al potere politico, la concorrenza sparisce. E a decidere non è la qualità delle idee, ma la vicinanza al potere.
In questo momento, non è chiaro cosa guadagnino davvero clienti o risparmiatori. Nessuna promessa di condizioni migliori per correntisti o imprese. Il dibattito è tra fondi, governi, poteri. E la domanda resta: a chi serve davvero questa operazione? E chi pagherà, se qualcosa dovesse andare storto?
Io mi do questa risposta: serve prima di tutto a chi ha potere nelle banche e nella politica, non a chi entra in filiale o mette da parte i risparmi.
Chi lancia o respinge offerte come questa – MPS e Mediobanca – ragiona con logiche di controllo, influenza, rendimenti per i grandi azionisti. L’interesse pubblico sembra sparire.
E se il governo è coinvolto direttamente, come ora con il MEF, il rischio è che chi dovrebbe vigilare diventi uno dei giocatori principali. Quando l’arbitro gioca, la partita è truccata.
E se qualcosa va storto? Lo abbiamo già visto: a pagare sono i cittadini, con meno credito, risparmi bruciati, tasse usate per coprire i buchi. E con meno fiducia nel sistema.
Il punto non è chi vince, ma perché si gioca senza regole trasparenti, ignorando chi sta in basso. E in un paese come il nostro, che ha bisogno di imprese, lavoro, innovazione, le banche dovrebbero essere un alleato. Non un castello chiuso dove si combatte per il potere.