ROMA — Sui tavolini all’aperto di bar e ristoranti non si tornerà alle norme pre-Covid. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato, a margine della “Giornata della Ristorazione”, promossa da Fipe-Confcommercio, «un provvedimento per rendere strutturali i tavolini all’aperto, i dehors, così che siano anche un elemento di decoro urbano». Le nuove norme saranno inserite del disegno di legge sulla Concorrenza, che il governo è tenuto a presentare ogni anno, e che il ministero del Made in Italy conta di mettere a punto entro un mese e mezzo. Entrerebbero in vigore non appena sarà scaduta l’ultima proroga delle semplificazioni Covid, il 31 dicembre di quest’anno, e, spiega Urso, saranno frutto di un confronto e di una condivisione con «l’Anci e le sovrintendenze».
Confronto dall’esito non scontato: «Attendiamo di conoscere tutti i dettagli della proposta del ministro Urso e speriamo che questa sia la volta buona», afferma il presidente dell’Anci Antonio Decaro, auspicando che il ministro «si confronti con l’Anci e ascolti le richieste dei Comuni», e aggiungendo che sono necessarie regole chiare per sostenere le attività economiche evitando le occupazioni selvagge». Non deve trattarsi di «un liberi tutti», o di «cristallizzare una situazione che era transitoria », avverte l’assessore comunale al Commercio di Torino, Paolo Chiavarino. Forti perplessità anche da parte dell’assessore al Commercio di Firenze Giovanni Bettarini: «La cosa migliore è che le città possano decidere in base alle proprie esigenze».
L’idea è di avere un regime semplificato, delimitando rispetto al periodo pre-pandemia il ruolo delle soprintendenze. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano non si è espresso finora, ma uno dei suoi primi atti nel 2022 è stato quello di “congelare” il decreto del suo predecessore Franceschini, che avrebbe voluto riportare alle soprintendenze già dal 2023 la competenza per le autorizzazioni sui centri storici.
Secondo le stime della Fipe oltre il 55% di bar e ristoranti ha anche tavolini all’esterno. Il 7,6% ha ampliato l’occupazione di suolo pubblico rispetto al periodo pre-Covid, e il 6,5% l’ha iniziata proprio a causa della pandemia, facendo leva sulla normativa emergenziale. Il risultato è che con la deregulation, rileva la Fiepet- Confesercenti, gli spazi esterni sono aumentati di 750mila metri quadri: significa circa 180mila tavoli e 450mila posti in più. Una leva che ha fatto bene alle imprese della ristorazione, che tra il 2018 e il 2023 sono passate da circa 147 mila a oltre 158 mila. Al contrario, non sempre l’aumento dei dehors si è tradotto in maggiori incassi per i Comuni, e non solo perché le norme prevedevano, soprattutto nei mesi di maggiore crisi pandemica, la possibilità di occupazione gratuita del suolo pubblico. Il Comune di Napoli, cheha reintrodotto da un anno l’obbligo di richiedere l’autorizzazione preventiva per i nuovi tavolini, nel 2023 è riuscito a riscuotere solo poco più di 9 milioni sui 18,2 dovuti, la metà. E sta conducendo una lotta contro le installazioni abusive.
Sono tanti i Comuni che, nonostante la proroga delle norme emergenziali, hanno cercato comunque di circoscrivere l’occupazione di suolo pubblico da parte dei ristoratori. A Bari, nonostante un generale clima favorevole nei confronti dei tavolini all’aperto, la soprintendenza ha ripreso a imporre limitazioni ai dehors. A Milano nel dicembre del 2023 la giunta ha ritoccato al rialzo i canoni di occupazione del suolo pubblico: al netto di alcuni sconti, l’aumento medio delle tariffe è di circa il 30%. A Bologna l’amministrazione Lepore ha ridotto sia il numero che le superfici dei dehors. Stretta anche a Torino, e a Firenze. E a Genova si sta già discutendo un nuovo regolamento che punta ad agevolare i dehors, mantenendo però un assetto urbano più vivibile.
Ci sono invece città dove l’assetto “Covid” è ancora in vigore, come Roma, dove rispetto al 2019 sono stati installati almeno 4.000 dehors in più, soprattutto nel centro storico (ma il Comune ha appena approvato un nuovo regolamento, che punta a una stretta), e Palermo, dove le concessioni sono molto semplificate e hanno la durata di sei anni.