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30 Maggio 2023
Non sappiamo che cosa il cardinale Matteo Zuppi abbia in mente circa la missione affidatagli dal papa per cercare di avviare una trattativa tra la Russia e l’Ucraina; ma non ci vuole la sfera di cristallo per indovinare quali siano, al di là di tutte le dichiarazioni bellicose, le condizioni reali per arrivare prima a una tregua e poi – si spera – a una pace duratura. Queste condizioni le troviamo elencate alla fine dell’ottimo editoriale di Giorgio Graffi, apparso su “terzogiornale” la settimana scorsa (vedi qui), e sono le seguenti: dichiarazione di non adesione alla Nato da parte dell’Ucraina, con l’impegno da parte russa di rispettare in futuro l’integrità territoriale e l’indipendenza del Paese oggi aggredito; regime di autonomia della regione contesa del Donbass (che potrebbe essere posta in una prima fase sotto controllo internazionale, come avvenne a Trieste dopo la Seconda guerra mondiale, ma con l’impegno di ritornare in breve tempo all’Ucraina, con il riconoscimento di tutti i diritti alla parte russofona della sua popolazione); definitiva ratificazione dell’annessione della Crimea da parte della Russia.
Quest’ultima sarebbe forse la condizione più onerosa per l’Ucraina, che si vedrebbe privata di un importante territorio peninsulare sul Mar Nero, che le fu dato in epoca sovietica dalla dirigenza kruscioviana. Non va dimenticato, tuttavia, che la stragrande maggioranza della popolazione della Crimea è di lingua russa, e che sarebbe questo l’unico “bottino di guerra” (del resto già dal 2014) che andrebbe alla Russia, che così potrebbe dire di non avere perso del tutto la faccia dopo avere scatenato un conflitto insensato.
Le condizioni di una pace possibile sono queste, non altre. Tutto il resto significa soltanto perseverare in uno scontro distruttivo tra nazionalismi, a questo punto uguali e contrari. La controffensiva da parte ucraina, di cui si sente parlare da settimane, non sarebbe altro, in questa logica, che cercare di porre un punto finale al conflitto prima dell’avvio di una trattativa. Ma è questo che vogliono Zelensky e i suoi? Purtroppo non ne siamo sicuri. L’altra opzione, preferita anche dagli americani, sarebbe quella di continuare in un batti e ribatti ancora per anni.
Inutile credere – al netto di un intervento “risolutivo”, come potrebbe essere quello dell’uso dell’arma nucleare tattica – che qualcuno possa vincere questa guerra “sul campo”. Se alla fine, nonostante tutto, si dovrà arrivare comunque a un armistizio o a un trattato di pace, perché non intraprendere questa strada fin da ora? L’Ucraina ha dimostrato con i fatti che esiste e sa resistere a un’invasione: cosa che al Cremlino, quando pensavano di abbattere il “regime di Kiev” in una settimana, non avevano compreso. Basta così, allora. È il momento di dare il via a una fase nuova.