Le aziende. Le misure sociali. L’intervento per i morosi. Il dossier Coppie e giovani
24 Ottobre 2022News
24 Ottobre 2022di Pierluigi Piccini
Perché l’amministrazione De Mossi sembra pervasa in questi giorni da una strana frenesia che riguarda l’uso dei soldi per far fronte al caro bollette? Forse teme che sia il Governo a ridimensionare l’effetto che spera di ricavare dalla manovra? O forse perché trattandosi di soldi pubblici una volta impegnati non ci si pensa più, oppure qualcuno della commissione degli “esperti” spera di legittimarsi di fronte alla città? Qualcuno di essi è anni che ci prova con scarsi risultati.
Ma chi sono questi “esperti”? Chi ha stabilito la loro presunta competenza? Esiste un provvedimento di nomina e in base a quale legittimità sono stati scelti? Se sono persone di fiducia del sindaco con nominati e stretti consulenti le riunisca privatamente, del resto un caffè si può sempre prendere in compagnia.
La nostra non è una democrazia assembleare, populista ma una democrazia istituzionale e rappresentativa. Regolamentata da norme che assegnano i compiti che dovrebbero essere rispettati. Invece, da tempo che assistiamo a una mortificazione dell’assemblea elettiva per eccellenza: il Consiglio comunale. Consiglio composto da persone che hanno avuto prima di tutto una legittimazione dei cittadini, non una nomina legata a interesse di parte. Il Consiglio è per antonomasia l’organo rappresentativo e generale che si avvale degli strumenti che lo Statuto e i regolamenti gli mettono a disposizione. Nulla avrebbe vietato la costituzione di una commissione consiliare specifica, dedicata alla questione delle bollette, con l’apporto di competenze riconosciute e nominate da un decreto specifico. Commissione legittima che avrebbe potuto predisporre un regolamento da presentare al Consiglio comunale per l’approvazione così come previsto dall’art. 12 della legge 241/90, che prevede per l’erogazione dei contributi di una normativa specifica a tutt’oggi mancante tra i regolamenti a disposizione dei consiglieri. Si è cercata, viceversa, la strada più accidentata che farà perdere tempo e che potrebbe creare conflittualità, con un solo risvolto: il rapporto diretto del sindaco con il popolo, tramite un gruppo di persone scelte direttamente. Con un milione e trecentomila euro a disposizione poco prima dell’imminente campagna elettorale il tutto diventa più chiaro.
Ed allora, ecco il moltiplicarsi di riunioni messe su sempre più frettolosamente, in modo da far trovare il Consiglio di fronte al fatto compiuto. Incontri che più che rappresentare proposte da parte degli “esperti” diventano la ratifica di idee già discusse dall’Amministrazione comunale e fatte passare con l’avvallo di una commissione scelta dal primo cittadino. Si tratta di un corto circuito istituzionale privo di legittimità, carico di problemi di regolarità. Procedure del genere portano “grattacapi” per chi eroga e per chi beneficia dei contributi. Per scongiurare questi rischi, i consiglieri comunali hanno sottoscritto unitariamente, maggioranza e minoranza, un documento che impegna il Sindaco e l’Amministrazione comunale a discutere nelle sedi competenti le questioni di volta in volta in oggetto. Ma dato che ci sono dei tempi tecnici per la convocazione del Consiglio Comunale, la Giunta cerca di correre per bruciare le tappe e annullare nei fatti la richiesta di tutto il Consiglio. Come? Si vuole demandare alla Giunta la predisposizione e pubblicazione dei criteri individuati dalla giunta con la complicità degli “esperti” per poi procedere all’erogazione del tributo. Operazione legittima? La Giunta comunale può solo fare una proposta, ma spetta al Consiglio comunale analizzarla, modificarla se del caso e approvarla dopo un approfondimento di merito in una commissione costituita ad hoc. Così come prevede la legge già ricordata, mettendo al riparo i vari attori che dovrebbero procedere all’erogazione di contributi. Resta invece da discutere di quali garanzie, eventualmente, il Consiglio comunale potrebbe introdurre nel regolamento per la trasparenza e la rendicontabilità dei contributi pubblici concessi.
Quello che preoccupa è che alla fine qualcuno sarà premiato e qualche altro potrebbe rimanere penalizzato. Il Consiglio comunale dovrà, inoltre, trovare le soluzioni per assicurare la trasparenza e l’equa ripartizione, sempre ammesso che sia legittimo arrivare alla distribuzione di denaro pubblico, al di fuori delle competenze e dei servizi che il Comune deve assicurare nella sua completezza quantitativa e qualitativa, soprattutto quando ci sono interventi massicci dello Stato nel medesimo settore. Con molta probabilità sarebbe necessario costituire un organismo di garanzia presieduto da un magistrato effettivo della Corte dei Conti, composto da un consigliere di maggioranza e uno di minoranza e prevedere un percorso di rendicontazione pubblica.