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19 Aprile 2024Le regole Ue per la scarcerazione se l’insegnante venisse eletta. L’incognita dei giudici ungheresi
L’analisi
di Giovanni Bianconi
Il caso recente di immunità riconosciuta a un deputato detenuto in Polonia
ROMA Fatte le debite proporzioni e distinzioni, sembra un salto indietro di quarant’anni. O quarantuno, a seconda del paragone più calzante.
Nel giugno 1984 Enzo Tortora, detenuto agli arresti domiciliari in attesa di giudizio, venne candidato al Parlamento europeo dal Partito radicale che contestava le accuse costruite attraverso i pentiti di camorra e il trattamento mediatico riservato al presentatore televisivo arrestato un anno prima. Tortora fu eletto e liberato per via dell’immunità immediatamente acquisita, ma fu lui stesso a chiedere all’assemblea di Strasburgo di concedere l’autorizzazione a procedere che lo portò alla condanna e all’assoluzione in appello. Innocenza riconosciuta a fatica, ma a piede libero.
Non è però l’esito giudiziario che interessa nel parallelo con la candidatura di Ilaria Salis, bensì quello immediato degli arresti decaduti subito dopo l’elezione: un precedente che fa ritenere l’eventuale investitura per l’Europarlamento un modo per far uscire subito la docente italiana dal carcere di Budapest in cui è detenuta dal febbraio 2023. Esattamente come nel 1983 accadde a un altro detenuto in attesa di giudizio, messo in lista dai radicali per la Camera dei deputati: il professor Toni Negri, accusato da quattro anni di essere uno degli strateghi del terrorismo rosso in Italia. Una volta eletto uscì di galera per entrare a Montecitorio e fuggì in Francia prima che i suoi colleghi gli revocassero l’immunità.
Il passato
I precedenti in Italia
delle candidature
di Enzo Tortora
e di Toni Negri
La sua candidatura non riguardava il merito delle accuse bensì, come nel caso Salis, la denunciata ingiustizia di una custodia cautelare in cella che per l’insegnante italiana si protrae da quattordici mesi, con una contestazione per cui rischia una pena del tutto sproporzionata rispetto a quanto accadrebbe in Italia (motivo per il quale un suo coimputato non è stato estradato in Ungheria dai giudici italiani). Ma al di là degli esempi con la storia italiana del secolo scorso, restano gli interrogativi su che cosa accadrà ora a Budapest alla detenuta sotto processo nel Paese magiaro.
La candidatura in sé cambia poco, perché Salis dovrebbe attendere in carcere l’esito delle elezioni. Il suo difensore ungherese, Gyorgy Magyar, dice che lì l’immunità scatta con la presentazione nelle liste, ma per le candidature in Italia si applica la norma interna che la fa scattare solo dopo l’ipotetica elezione. Se Salis non venisse eletta, quindi, tutto resterebbe com’è, sebbene la propaganda filogovernativa ungherese potrebbe approfittarne per sostenere che nemmeno gli italiani vedono di buon occhio una loro connazionale che va a commettere reati all’estero e poi si lamenta per le conseguenze. Qualora invece l’insegnante dovesse vincere la corsa, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede esplicitamente che gli eletti a Strasburgo «beneficiano, sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario». Dunque la magistratura ungherese dovrebbe prima scarcerarla e poi eventualmente chiedere all’Europarlamento di autorizzare un nuovo arresto, oltre che la prosecuzione del processo a suo carico. Ma lo stesso Magyar ammette che siccome le imputazioni si riferiscono a fatti precedenti, resta incerta l’interpretazione della Corte di Budapest se applicare o meno l’immunità.
Tuttavia nel caso dell’eurodeputato catalano Oriol Junqueras Vies, al quale nel 2019 i giudici spagnoli avevano negato la scarcerazione, la Corte di giustizia europea ribadì che «l’immunità comporta la revoca della misura di custodia cautelare imposta alla persona interessata»; subito dopo però per Junqueras Vies arrivò la condanna definitiva, con conseguente decadenza dal seggio che non è mai riuscito a occupare. Nel novembre scorso invece, l’ex ministro polacco Wlodzimierz Karpinski, detenuto per corruzione e candidato non eletto a Strasburgo nel 2019, è subentrato a un deputato dimissionario e per questo i giudici polacchi l’hanno liberato. Come si augurano che debbano fare quelli ungheresi i leader di Avs che hanno deciso di candidare Ilaria Salis.