diAzzurra Giorgi
Le zone maggiormente coinvolte sono l’alta Maremma e le campagne livornesi. E poi la Valdichiana, il Valdarno, il Mugello. Aree in cui l’agricoltura, per molti, significa lavoro illegale, sfruttato. L’Osservatorio Placido Rizzotto, attraverso l’attività sul campo dei sindacalisti Flai- Cgil e incrociando le operazioni delle forze dell’ordine e le denunce dei lavoratori, ha mappato le aree di sofferenza in cui vi sono fenomeni di caporalato e sfruttamento lavorativo: 405 in Italia, 27 in Toscana, il 6,6%. La maggior parte concentrata nel Sud della regione, e poi nel Mugello in parte del livornese e dell’aretino. Cui si aggiunge un dato: il 36,3% quale tasso di irregolarità nel Paese nel settore agricolo ( il secondo più alto dopo i servizi alla persona), da cui la Toscana non si discosta. «Riguarda in maggioranza i lavoratori stranieri, più deboli e ricattabili,soprattutto sul fronte del permesso di soggiorno, ma anche italiani » dice il segretario generale della Cgil Toscana Rossano Rossi. Che invoca « filiere etiche e di responsabilità: bisogna sapere che se si comprano e rivendono dei prodotti a certi prezzi può significare che ci siano ombre di sfruttamento. Per combattere il fenomeno servono più controlli, prevenzione, cose che il governo non fa, anzi reintroduce i voucher».
L’occasione in cui lo dice è un’iniziativa della Flai nella tenuta di Suvignano ( Siena) sottratta alle mafie. Ci sono Stefano Arcuri, il marito di Paola Clemente, bracciante morta di fatica nei campi di Andria nel 2015, la deputata Laura Boldrini, il direttore Ente terre regionali Giovanni Sordi, la Flai e Matteo Bellegoni dell’Osservatorio Placido Rizzotto che ha curato anche i dati. Nei casi emersi nel 2022, si spiega, sono stati coinvolti centinaia di lavoratori perlopiù stranieri e tra le campagne di Livorno e dell’Alta Maremma. Nel 2023 interessate la Valdichiana, il Valdarno, oltre a decine di lavoratori pakistani impiegati tra Piombino e Campiglia Marittima. Non solo. Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Rizzotto-Flai, esiste una “mobilità” del fenomeno, con una rete del caporalato che connette le varie province e recluta i lavoratori in una e poi li sposta in un’altra in base alle esigenze. Oltre che un “ affinamento” degli strumenti, con caporali che aprono partite Iva oppure – come hanno evidenziato anche alcune inchieste in Toscana – con finte agenzie interinali che nascondono l’intermediazione illecita dei caporali. «L’agricoltura in Toscana è contraddistinta da peculiarità territoriali che ci inducono a pretendere l’istituzione delle sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità: uno strumento per il contrasto di lavoro nero e sfruttamento» conclude il segretario FlaiToscana Mirko Borselli.
Dalla Maremma alla Valdichiana il fenomeno riguarda soprattutto l’agricoltura secondo i dati delle forze dell’ordine e i rilievi sul campo
L’agricoltura è il settore dove in Toscana si annida la maggior parte del caporalato.