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Massimo Osanna
L’archeologia ci regala in questi giorni una scoperta straordinaria: lo scavo presso il Bagno Grande di San Casciano dei Bagni (Siena), un’area interessata dalla presenza di acque termali usate ancora oggi, può essere considerata una delle imprese archeologiche più importanti del secolo. Un santuario antico che nasce intorno al III secolo a.C. in territorio etrusco e che sarà frequentato fino alla fine del IV secolo d.C., quando i culti pagani saranno definitivamente chiusi, restituisce pressoché intatto tutto il suo arredo di bronzi, dalle statue di divinità che ornavano lo spazio sacro agli ex-voto offerti da chi si recava lì a implorare la guarigione agli dei e alle acque termali.
Nel corso delle ricerche, promosse dal ministero della Cultura e dal Comune di San Casciano dei Bagni e coordinate dal professor Jacopo Tabolli (Università per Stranieri di Siena), è stato messo in luce un monumentale complesso sacro, legato allo sgorgare di acque calde che raggiungono i 40 gradi, dove ci si recava per guarire dalle affezioni più varie. Ed è così che nello straordinario deposito votivo si contano a decine, rigorosamente in bronzo, orecchie, piedi, mani, teste e rappresentazione di organi diversi. Doni offerti agli dei, cui si chiedeva una guarigione implorata anche attraverso i testi scritti, in etrusco e in latino, incisi sulle stesse statue. Possiamo immaginare i fedeli che, mentre dedicavano gli oggetti, declamavano ad alta voce (come si usava in antico pregare) le dediche contenenti nomi e motivi della preghiera.
Da una grande vasca che raccoglieva le acque sgorganti dalla sorgente, posta all’interno di un santuario che doveva ospitare, oltre a rituali per gli dei anche attività curative-terapeutiche (secondo una tradizione propria della religiosità romana e italica), ci sono stati restituiti reperti in uno stato di conservazione straordinario, grazie proprio a quelle acque che un tempo hanno curato gli uomini e poi, dopo la fine dell’esperienza sacra, hanno «curato» gli oggetti.
Se si aggiunge che il loro recupero è avvenuto nel corso di uno scavo archeologico ben fatto e ben documentato, grazie ad una équipe multidisciplinare di specialisti che annovera archeologi, architetti, ingegneri, restauratori, geologi, archeobotanici, archeozoologi, possiamo ben comprendere la straordinarietà di queste scoperte.
Dello straordinario deposito dei bronzi, 24 oggetti tra statue e materiali votivi si segnalano un bellissimo efebo, una statua di Igea, dea della salute, un elegante Apollo saettante, accanto ad altre figure di divinità e dedicanti, che compongono un tesoro unico e non solo dal punto di vista storico-artistico. Il contesto riveste grande rilevanza sul piano storico-archeologico anche perché getta nuova luce e pone nuove domande sui rapporti tra Etruschi e Romani in un’epoca assai delicata – quella tra II e I secolo a.C. – che vede l’acuirsi della crisi sociale e scontri tra le compagini presenti sul territorio, alle soglie della progressiva romanizzazione della Penisola italiana e del definitivo riassorbimento della componente etrusca all’interno del mondo romano.
Di fronte all’eccezionalità del contesto santuariale e termale di San Casciano, delle sue strutture architettoniche e dei suoi depositi di oggetti votivi, considerata l’importanza che la scoperta ha da subito rivestito anche per la comunità cittadina e per il territorio, il ministero della Cultura, nelle sue diverse articolazioni, si è da subito attivato insieme con le amministrazioni locali al fine di avviare in forma coordinata e sinergica tutti gli interventi indispensabili per la tutela, la valorizzazione e la musealizzazione dello straordinario patrimonio archeologico. A San Casciano sorgerà presto un parco archeologico e un museo per ospitare tutti i reperti provenienti dal santuario etrusco-romano.
Su un aspetto in particolare vorrei portare l’attenzione, forse il più rivelante di queste scoperte, la capacità degli oggetti di scavalcare i secoli, interrompendo il fluire del tempo e le sue fratture storiche, grazie alla loro durevole materialità. Centinaia di oggetti, statue di divinità ed ex-voto, depositati nella vasca e sottratti così alle cesure e alle trasformazioni incessanti del tempo, conservati fino a noi proprio perché piamente depositati nella vasca che li ha nascosti fino ad oggi.
Grazie a questi bronzi un filo rosso unisce la remota civiltà etrusca e romana con il nostro presente. Gli oggetti si fanno sempre memoria, come nella potente evocazione del passato nel capolavoro di Marcel Proust, diventano testimonianza delle vite passate, di chi li ha realizzati, usati, toccati, offerti e infine deposti, di coloro che non hanno lasciato altre testimonianze di sé. Questo aspetto dell’archeologia, che in alcuni contesti privilegiati ci consente di entrare direttamente nel passato senza mediazioni e nelle vite di chi è scomparso da tempo è una delle esperienze che più affascina del nostro eterno presente. Del resto, che cosa c’è di più affascinante e al tempo stesso estraniante di vedere, toccare, riflettere su questi oggetti, veri e propri relitti del naufragio del passato, appartenuti a persone che ci hanno preceduto nel tempo e con le quali, grazie ai loro oggetti riusciamo ad entrare ancora in relazione.
*Direttore generale Musei del Ministero della Cultura