L’allarme di Europa Nostra: “La sinagoga di Siena è uno dei siti più a rischio del continente”
1 Febbraio 2024Siamo all’anno zero. Passeranno anni prima di avere qualcosa di strutturale… per ora istagram, ma senza polemiche
1 Febbraio 2024La frenata toscana
Alessandro Petretto
I dati Irpet sull’economia toscana riportati sul Corriere Fiorentino di ieri mostrano più ombre che luci. Non è il dato sulla crescita lenta, non dissimile alla media nazionale, che desta preoccupazione quanto la sua composizione. I dati testimoniano di un processo di deindustrializzazione che sembrava rallentare prima della crisi pandemica e che è invece ripreso poderoso. La composizione, poi, del dato negativo dell’industria lancia altri foschi segnali: la farmaceutica e la metallurgia tengono mentre la moda declina. Non casualmente i settori trainanti sono solo quelli in cui la dimensione media delle imprese è più elevata e più elevato è il numero delle imprese in forma societaria con capitale proprio. Ciò si riflette negativamente sul volume degli investimenti privati che risentono della struttura finanziaria ancora troppo banca-centrica, in un momento in cui il costo del denaro in termini reali è ancora elevato e il merito di credito ancora notevolmente selettivo. L’occupazione è in crescita anche se è occupazione di bassa qualità, per stabilità e skill dei lavoratori, trainata in prevalenza dal turismo. Per carità, il turismo in Toscana, nelle città d’arte e nelle località della costa, rappresenta un’eccellenza. Ma senza una componente industriale che tenga almeno il passo, l’esecrato overtourism è inevitabile. I giovani laureati nella materie hard, ingegneri, fisici, chimici, matematici ed economisti lasceranno la regione e le sue città, in primis Firenze.
Emerge dunque un problema strutturale che evidenzia l’assenza di una politica industriale adeguata. Il governo centrale, che ha predisposto una legge di bilancio rivolta solo ai primi sei mesi del 2024, lasciando il 2025 e 2026 nel limbo, sotto la prospettiva di una manovra di almeno 30 miliardi necessaria a ribadire le agevolazione valide solo per il 2024 e a soddisfare le nuove regole europee di disciplina fiscale, sembra disinteressarsi del problema industria. Quanto all’opposizione di centrosinistra, sembra identificare la politica industriale con la soluzione di una serie di crisi aziendali, volta a tenere sic et simpliciter in vita le imprese in difficoltà, malgrado la perdita di competitività dei relativi prodotti. La Regione può inserirsi in questo vuoto con qualche intervento più mirato?Gli strumenti sono pochi, quelli fiscali di fatto azzerati da un cieco centralismo, la spesa pubblica è monopolizzata da una sanità alle strette. Le uniche possibilità di rivitalizzare gli investimenti privati e la struttura imprenditoriale sembrano affidate alle missioni del Pnrr dedicate al rafforzamento del sistema delle Pmi e a industria 5.0. Nel 2025 e 2026 la Regione dovrà confermare ancor più la sua capacità attuativa messa in mostra quest’anno con i progetti infrastrutturali.
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