Più del 70% dei cittadini italiani è a favore dell’istituzione per legge del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Un balzo di quasi 30 punti in 12 anni nel nostro Paese, che emerge dai dati del Pew Research Center, importante centro di ricerca negli Usa. Un balzo, espressione di un cambiamento di clima sociale, che fa ben sperare in un futuro senza discriminazioni delle persone Lgbtq+.
Mentre in Russia la popolazione Lgbtq+ viene perseguitata e la Corte suprema definisce il “movimento sociale internazionale Lgbt” estremista, consentendo alle autorità di compiere arresti indiscriminati con condanne molto gravi verso chi sia solo accusato di farne parte, e sono ancora tanti i Paesi e le zone in cui le persone Lgbtq+ sono perseguitate e criminalizzate per legge dal Qatar, all’Iran, all’Arabia Saudita, a Gaza, all’Afghanistan, solo per fare alcuni esempi – in 34 Paesi del mondo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale. Non in Italia.
Era stata l’Olanda per prima a varare la legge nel 2001. Due anni dopo arrivò il Belgio. E nel 2005 la Spagna. I Paesi che l’hanno riconosciuto sono aumentati soprattutto in Europa. Ma anche in America, e non solo Stati Uniti e Canada, ma anche Messico, Argentina, Cile, Colombia, Brasile e altri. Più in ritardo Asia e Africa. Taiwan è il primo e, al momento, unico Paese ad averlo fatto nel 2019 in Asia. Il Sudafrica è l’unico Paese ad aver legiferato in Africa nel 2006.
Il segnale di un cambiamento del modo di pensare dei cittadini nei 32 Paesi in cui è stata condotta l’indagine internazionale è forte.
Presentano una opinione favorevole più alta nei confronti del matrimonio di persone dello stesso sesso, cittadini di alcuni Paesi che hanno già una legge. È il caso, in graduatoria, di Svezia, Olanda, Spagna, Canada, Australia e Regno Unito. Certo, ci sono anche eccezioni, e sono Sudafrica e Taiwan, dove le persone a favore del matrimonio sono una minoranza, pur esistendo già una legge.
L’Italia è accomunata al Giappone nella percentuale alta di cittadini favorevoli al matrimonio di persone dello stesso sesso,pur non disponendo di una legge. Anche se si distingue dal Giappone per una più alta frazione di molto favorevoli.
Interessante notare che Paesi come Niger, Kenya e Indonesia non raggiungano neanche il 10% di favorevoli.
Il dato è molto interessante in Italia, perché l’Istat aveva misurato le opinioni nel 2011. Il 65,8% dei rispondenti si era dichiarato molto o abbastanza d’accordo con l’affermazione “si può amare una persona dell’altro sesso oppure una dello stesso sesso: l’importante è amare”. Ma solo il 44% dei cittadini aveva dichiarato una posizione favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma allora perché un cambiamento così veloce ed esteso? Intanto, va detto che i giovani hanno trainato la trasformazione in atto, con un 82% che si dichiara favorevole.
Anche nel 2011 erano in maggioranza a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e da un lato hanno “contagiato” adulti e anziani, dall’altro sono entrati, col passare degli anni, nella fascia adulta. Da un punto di vista delle opinioni politiche il parere favorevole è trasversale, riguarda l’88% di chi si considera di sinistra,il 74% di chi è di centro, e il 66% di destra. Ma c’è un qualcosa che è avvenuto dopo il 2015 in Italia, oltre il procedere del processo di secolarizzazione, che può aver influito: il varo della legge sulle unioni civili da parte del governo Renzi.
“Normalizzare” la situazione con leggi accelera e facilita l’accettazione sociale.
L’indagine del 2011 dell’Istat aveva messo in luce un’area maggioritaria di cittadini d’accordo con le unioni civili, anche se ancora non erano state legalizzate. Dopo il varo della legge sulle unioni civili e la loro crescita, si è abbassata la paura e lo stigma sociale, si è riscontrato che le previsioni apocalittiche di coloro che erano contrari non si sono verificate, che un diritto esteso a molti cittadini che ne erano privati non ha causato la riduzione dei diritti degli altri. Il perché è semplice. Perché i diritti non fanno somma zero, per cui aumentando quelli di alcuni si riducono ad altri. Non solo. Si innesca un circolo virtuoso: più crescono i diritti, più cresce la civiltà del Paese.