Cgil e Uil riempiono 43 piazze: «Adesione oltre il 70%»
30 Novembre 2024ERA MIO PADRE
30 Novembre 2024di Marcello Sorgi
Tra gli spettri di questi giorni – per chi ci crede, per chi davvero li teme – sono state agitate la crisi di governo, la fine anticipata della legislatura e le elezioni anticipate. E che Meloni, esasperata, possa riservarsi l’arma del voto anticipato, per dare una lezione ai suoi riottosi alleati, in effetti si sente dire da un po’. Ma che, pur essendo il più stabile nel contesto dei maggiori Paesi europei (in Germania si voterà l’anno prossimo, in Francia si è votato in anticipo a luglio, un nuovo appuntamento con le urne fino a luglio 2025 è impedito dalla Costituzione, ma il governo Barnier stenta), il governo possa decidere di rimettere la posta in gioco sarebbe quanto meno strano, il frutto di una crisi di nervi più che di una crisi politica. E tuttavia, è inutile cercare di ragionarci, in un Paese in cui, in mezzo a tante regole che sono saltate, c’è anche quella per lo scioglimento delle Camere.
Ai tempi della Prima Repubblica, quando ancora le elezioni anticipate erano considerate un trauma, che pure si verificò cinque volte (1972, ’76, ’79, ’83, ’87), il meccanismo era semplice e obbligato: se Dc e Pci, si mettevano d’accordo, il Capo dello Stato non poteva che sciogliere. La controprova fu che nel ’91, quando Cossiga dal Quirinale e Craxi cercarono di andare al voto contro il volere dei due maggiori partiti, non ci riuscirono. Eppure la storia della Repubblica avrebbe preso un’altra strada, dato che l’inchiesta di Mani pulite partì nel ’92.
Nell’epoca della transizione Scalfaro portò l’Italia a votare due volte, nel’94 e nel’96, dopo due mini-legislature. Nella Seconda Repubblica, dopo un relativo periodo di stabilità (1994 – 2006) e di alternanza tra centrodestra e centrosinistra, la malattia riprese nel 2008, per il fallimento del secondo governo Prodi. Da allora in poi, di fronte ai tentativi, che pure si ripresentavano, di accorciare i tempi per capovolgere gli equilibri politici, è cominciato il periodo dei “governi tecnici” (Monti, Draghi), o “del Presidente”, cioè della resistenza dei Capi dello Stato di fronte al rischio di un ritorno all’instabilità. Stagione conclusa dopo 11 anni, dal 2011 al 2022, e difficilmente ripetibile. Questo per dire che oggi, la tentazione di far saltare il banco si risolverebbe in un salto nel buio.