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29 Settembre 2023
Il costo dei Btp pesa sulla manovra
di Federico Fubini
Le mosse dei grandi investitori. Nella Nadef frasi «ritoccate» per le pressioni dei partiti
Ieri pomeriggio lo stato maggiore del ministero dell’Economia era chiuso nel palazzo di via XX Settembre ad aggiustare le parole della Nadef, mentre sui mercati globali si alzava un vento brutale da cambio di stagione. Dentro si aggiustavano le frasi della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, in modo che ciascun partito o leader di maggioranza avesse soddisfazione sul proprio spicchio di promesse (in deficit). Fuori, i grandi investitori internazionali stavano trasformando i nuovi piani dell’Italia nell’innesco per pretendere di più, prima di finanziare sempre nuovo debito dei governi occidentali. Primo fra questi — non unico — quello di Roma.
Così ieri l’asta dei titoli di Stato italiani a dieci anni si è risolta con rendimenti in rapida crescita al 4,93% — i più alti dell’area euro — quando un mese prima un’offerta di altri Btp molto simili aveva trovato compratori al 4,24%. E il loro spread sui Bund, titoli tedeschi di pari durata, è salito di nuovo oltre i 200 punti-base o 2% (prima di chiudere a 193).
Certo della Nadef già varata dal governo gli investitori non hanno capito ancora tutto, in attesa di vedere il testo e le tabelle. Hanno capito però che il debito non scende ma, nel migliore dei casi, si stabilizza fino al 2026: sempre che la crescita non sia minore di quella annunciata e che il Tesoro riesca davvero a fare privatizzazioni per venti miliardi di euro. Hanno capito anche, gli investitori, che la dose di deficit in più liberamente scelta dal governo per il 2024 sale da quattro a quattordici miliardi (rispetto agli impegni già presi dai governi di Mario Draghi e della stessa Giorgia Meloni). E che probabilmente la traiettoria di questa Nadef è fuori dalle regole europee perché la prima, timida stretta di bilancio arriva solo nel 2026. Dunque, se l’Italia non è in linea, allora diventa incerto che la Banca centrale europea possa o voglia ricorrere al suo «scudo» per difendere i titoli di Roma: un dubbio che gli investitori, presto o tardi, potrebbero voler mettere alla prova vendendo Btp.
La prospettiva
Il debito «stabile» fino al 2026. Così diventa incerto che la Bce attivi lo «scudo» su Roma
Così la Nadef è diventata un innesco — non l’unico — per qualcosa di più vasto: il ritorno dei bond vigilantes, gli investitori-guardiani del debito sui mercati globali che impongono disciplina di bilancio ai governi chiedendo loro remunerazioni sempre più alte prima di comprare quantità ancora più massicce del loro debito. Era nell’aria da almeno un mese, ieri è diventato tutto bruscamente più chiaro: i rendimenti dei titoli tedeschi sono schizzati fin quasi al 3%; quelli britannici quasi al 4,5%; quelli francesi hanno superato il 3,5%, ai massimi dal 2011, mentre a Parigi si diffonde la convinzione che sia colpa del contagio partito mercoledì sera da Roma.
In parte è vero, ma altri fattori sono in gioco. Uno è lo stesso bilancio di Parigi, appena presentato, che promette un deficit comunque elevato anche nel 2024. Ma soprattutto l’esplodere della spesa pubblica negli Stati Uniti fa sì che l’anno prossimo, per esempio, l’offerta sul mercato di nuovi buoni quinquennali del Tesoro americano raddoppi da 35 a 70 miliardi di dollari. Inoltre l’aumento del barile di Brent da 70 dollari a giugno a 96 dollari ieri — sospinto da un’intesa fra Riad e Mosca — è un presagio di nuova inflazione e nuovi aumenti dei tassi delle banche centrali. Non a caso Jamie Dimon, l’amministratore delegato di JpMorgan, consiglia a tutti di prepararsi a tassi al 7% della Federal Reserve. E Ray Dalio, un titano dei fondi speculativi, prevede una crisi obbligazionaria negli Stati Uniti.
Se accadesse, non risparmierebbe l’Europa. Tantomeno l’Italia. Eppure ieri in via XX Settembre si cercava di sistemare una frase nella Nadef che promette di finanziare il ponte sullo Stretto man mano che i cantieri saranno pronti; un’altra sugli aiuti alle pensioni minime (finanziati sganciando un po’ le pensioni più alte dall’inflazione); una terza che rafforza l’impegno sulle privatizzazioni accennando a valorizzazioni del patrimonio pubblico; una quarta sugli aiuti alle famiglie. Tutti impegni onorevoli, presi come se là fuori non si stesse consumando un brusco cambio di stagione sul costo del debito. In realtà nel ministero dell’Economia questo è chiaro, ma spiega una voce dall’interno: «L’intero sistema politico non ha idea che siamo seduti su un vulcano, non capisce che è un vulcano. Quando glielo diciamo, non ci credono».